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Ebanisti a corte, Venaria Reale riapre con mostra mobili arte

TORINO - Tra il Settecento e l'Ottocento intorno alle botteghe dello Stato sabaudo fiorisce l'arte di ebanisti e intagliatori che, al servizio delle corti di mezza Europa, realizzano autentici capolavori per arredare palazzi reali e residenze nobiliari. Un omaggio a questa raffinata tradizione viene proposto dalla Reggia di Venaria Reale per la riapertura primaverile, con la mostra 'Genio e Maestria. Mobili ed ebanisti alla corte sabauda tra Settecento e Ottocento' in programma dal 17 marzo al 15 luglio.
L'esposizione raccoglie più di 130 arredi da collezioni museali e private, molti presentati per la prima volta. E' un itinerario cronologico lungo 14 sale, che illustra il virtuosismo della produzione piemontese nell'arco di due secoli, annoverando autori come Luigi Prinotto, Pietro Piffetti, Gabriele Capello detto 'il Moncalvo' e Giuseppe Maria Bonzanigo.
Nella bottega del minusiere, punto di partenza della mostra, si fanno le ossa i maestri ebanisti da metà Seicento. La corporazione degli artigiani dei mobili è una delle più potenti nella Torino sabauda: viene chiamata 'Università' e come tale ha statuti e regole da rispettare, detta i codici per le lavorazioni e per validare i manufatti. In questo contesto si sono formati gli artisti presenti a Venaria, a partire da Giuseppe Maria Galbiati e Luigi Prinotto, l'ebanista più in voga tra i Savoia nella prima metà del Settecento. In mostra si fa notare la scrivania realizzata per il figlio di Vittorio Amedeo II, con le raffigurazioni della battaglia di Torino del 1706. Ma sono numerosi gli incarichi realizzati sotto la regia dell'architetto di corte per Palazzo Reale, le residenze di Rivoli, Aglié e Palazzo Chiablese.
L'autore più riconosciuto all'epoca anche fuori dai confini dello Stato è Pietro Piffetti: portano la sua firma due spettacolari tavoli da muro, il cassettone del Quirinale e la scrivania di Ca' Rezzonico a Venezia, restaurata per l'occasione. Viene esposta per la prima volta la scrivania con scansia della Fondazione Cerruti di Rivoli.
Più tardi gli ebanisti si lasciano influenzare da forme classicistiche. Ne sono esempi gli arredi di Giuseppe Maria Bonzanigo, tra cui si distingue l'importante Trofeo militare, oltre alle opere di Fracesco Bolgiè e Biagio Ferrero. C'è un'evoluzione anche dei materiali impiegati, sempre più rari e preziosi, e nelle tecniche.
Tra i pezzi più curiosi si trova una voliera del 1850, dono di nozze per il duca Ferdinando di Savoia e testimonianza degli interessi dei principi per la zoologia. Il finale è dedicato a un'opera straordinaria del Prinotto, con Giuseppe Marocco e Giacomo Filippo Degiovanni. E' uno coro monastico intarsiato di cui si sono perse le tracce per ben 200 anni. Scomparso a inizio Ottocento in seguito allo smantellamento degli ordini religiosi del Piemonte, ritrovato in Irlanda dall'antiquario Fabrizio Apolloni, è stato recuperato dal Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale.

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