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La rivoluzione russa negli scatti di Rodchenko

PALERMO - Grande terra di sperimentazione la Russia del primo Novecento. Le utopie e i sogni degli artisti del periodo prerivoluzionario e rivoluzionario hanno segnato profondamente le avanguardie del XX secolo. L'arte si proponeva di rispecchiare la società, delineandone le prospettive future.

Non un'arte di regime, ma una sperimentazione che tracciava punti di vista inediti, nuove pagine di libertà. Fra i fondatori del Costruttivismo, Alexandr Mijáilovich Rodchenko (1891-1956) è stato uno degli artisti più eclettici della Russia degli anni Venti e Trenta. La sua ricerca potrebbe oggi essere definita "multimediale", perché ha indagato tutte le forme espressive dalla grafica, alla pittura e alla scultura, passando però alla storia soprattutto per le sue innovazioni in fotografia. "Alexander Rodchenko. Revolution in Photography" è il titolo della bella mostra in corso dal 18 giugno al 23 settembre all'Albergo dei Poveri. La retrospettiva, propone, in un allestimento un po' troppo affollato una selezione di 150 fotografie, tratte dai negativi originali provenienti dalla collezione del Multimedia Art Museum di Mosca, selezionate dalla curatrice Olga Sviblova. Rodchenko raggiunse il suo stile, così nuovo, quando riuscì a liberarsi dalla schiavitù della fotocamera a lastre pesanti, utilizzando in particolare una Leica, leggera e portatile.

L'artista ha introdotto il Costruttivismo nella fotografia, il suo "metodo" offriva all'occhio una composizione dinamica, in diagonale, "radicalmente altra" nell'idea di una trasfigurazione positiva del mondo. Le sue immagini dai chiaroscuri affilati e dai tagli prospettici arditi, proprio come i progetti architettonici di Vladimir Tatlin, utilizzano la luce per cercare l'arte nella realtà, raccontando le aspettative di un secolo che si affacciava alla storia pieno di prospettive ideali, pronto a costruire un mondo diverso. Celebri anche i ritratti di Rodchenko, ricordiamo qui il volto dell'amata Varvara Stepanova e ancora quelli di Lili e Ospi Brik e di Vladimir Majakovskij protagonisti di uno scandaloso e intenso triangolo amoroso conclusosi col suicidio del poeta. Gli anni vissuti dall'artista nella nuova Russia del proletariato sono stati intensi e creativi. Fino all'avvento della nera coltre dello Stalinismo. Come tutti gli altri, anche Rodchenko fu ridotto al silenzio e, intorno al 1940, redarguito dal regime per il suo stile troppo incline ad uno sperimentalismo di stampo occidentale ed invitato a "rientrare nei ranghi", abbandonò la fotografia. Promossa dall'Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all'Identità Siciliana, coprodotta da Civita Arte e da Bridge Consulting, curata dalla State-Financed Institution of Culture and Education of the City of Moscow e da Multimedia Complex of ActualArts, la mostra è nel cartellone di Palermo Capitale Italiana della Cultura. Acquistando un solo biglietto si possono visitare sia questa che la retrospettiva di Robert Capa. 
   

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