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Un Michelangelo nascosto nella Madonna di Manchester?

LONDRA -Nella 'Madonna di Manchester', l'incompiuta tempera su tavola attribuita a un giovane Michelangelo Buonarroti e custodita alla National Gallery di Londra, ci sarebbe, molto ben celato fra le pieghe dei vestiti della Vergine, un autoritratto dello stesso Buonarroti. Lo sostiene un ricercatore romano, Sandro Giometti, dopo aver approfondito suoi studi già pubblicati e dedicati a questo dipinto di cui ipotizza una derivazione concettuale dall'affresco 'Salomone incontra la regina di Saba' di Piero della Francesca visibile ad Arezzo nella basilica di San Francesco. Giometti è autore di un testo in cui sviluppa questo tema e che è intitolato 'Michelangelo. Mostrare l'invisibile' pubblicato da Taueditrice con la prefazione dello storico Claudio Strinati. Ora, dopo la pubblicazione del libro, riferisce di due 'scoperte', due immagini che sarebbero finora sfuggite all'attenzione degli esperti. Una, appunto, è la testa di Michelangelo "nascosta - afferma - fra le pieghe del drappo sul seno della Madonna".

L'altra scoperta sarebbe "la sagoma di un grosso pesce del quale si vede chiaramente la testa nelle pieghe dell'abito all'altezza del braccio sinistro; il corpo del pesce va a lambire il sottostante corpo di Gesù Bambino". "Le due figure da me rilevate" nella Madonna di Manchester, precisa lo studioso, "sono il volto irsuto d'uomo con gli occhi chiusi inclinato di 45 gradi e un pesce che lo fronteggia in posizione verticale e che quasi lo protegge. Il naso rotto del volto d'uomo ne denuncia l'identità: è il volto di Michelangelo, come il confronto col molto più tardo ritratto eseguito da Daniele da Volterra conferma".

"A ben guardare, però - prosegue -, quel naso rotto ricorre anche in quasi tutti i volti del quadro a testimoniare del coinvolgimento personale dell'autore nel tema della salvezza. L'altra figura celata tra le pieghe del manto è un pesce, e infatti Cristo stesso effigiato secondo l'antico simbolo paleocristiano del Salvatore". Altra scoperta, secondo Giometti, è che Michelangelo ha usato, come falsariga della propria tavola, l'affresco aretino di Piero della Francesca 'Incontro tra Salomone e la regina di Saba' che era stato dipinto circa 35 anni prima. "L'abilità mimetica di cui il giovane dà prova nel disegnare le proprie immagini negli spazi e nello stile di Piero è sbalorditiva - dice Giometti - e conferma il passo delle Vite del Vasari che narra della capacità di Michelangelo di 'servirsi delle cose altrui d'una maniera che nessuno se n'è quasi mai accorto'".

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