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Un Valzer di mezzanotte a Monticchiello

MONTICCHIELLO (Siena)- Mentre il sole tramonta tondo e rosso dietro l'elegante silhouette di Pienza sul colle davanti alla porta delle mura del piccolo borgo medioevale di Monticchiello, la gente si sistema nella piazza accanto al bel Duomo adattata a teatro e appena si inizia e si sente risuonare in scena l'antica lingua locale, tutta contratta, musicale, con vocaboli particolari (da 'pichini' a 'ghianzi') e con quei nomi propri (Osella, Gosto, Noviglia, Idro, Solidea), si è catturati dal fascino del "Teatro povero" che compie 52 anni e coinvolge vecchi e giovani del paese, che da autori e attori hanno lavorato per mesi a idearlo e prepararlo sotto la guida di Andrea Cresti. Come sempre il gioco di questi spettacoli, che si replicano ogni sera sino al 14 agosto, sta nel mettere a confronto il passato contadino con la realtà presente, ma assolutamente non in modo nostalgico. Le scene in dialetto con quelle in lingua così si alternano, per portare alla luce la forza delle proprie radici (come simboleggia il grande albero capovolto messo al centro del piccolo museo locale dedicato al teatro popolare toscano) e riscoprire azioni e valori di un tempo che possano servire a affrontare la ormai profonda crisi dei nostri giorni. Il lavoro di quest'anno, forse un po' meno risolto e incisivo del solito, perché troppo solo astrattamente allusivo nella prima parte e con ritmi che con le prossime repliche verranno di sicuro messi a punto, si intitola "Valzer di mezzanotte" e si incentra su due feste: un pranzo sociale con imprenditori e politici che festeggiano, proprio come abbiamo sentito dire nell'ultimo anno senza che la gente se ne accorgesse nelle difficoltà della sua vita quotidiana, "i segnali tutti positivi ... l'aver agganciato il treno della ripresa... la ripartenza" economica, e, di contro, una festa di matrimonio contadina proprio in quel podere oggi diventato una sorta di Resort che ospita il pranzo. E come allora tra sposi e invitati alla fine si faceva la "sconfettata" (gran lancio di confetti), così oggi la discussione si accende, gli animi si riscaldano e i confetti diventano proiettili che a manciate gli uni lanciano contro gli altri. Il valzer finale allora diventa un po' quello sul Titanic che sta per affondare e un po' un segnale invece di speranza. Dalle lotte contadine di un tempo bisogna infatti reimparare la solidarietà e il darsi da fare in prima persona, il protestare, che oggi sembra annegato in una passività e silenzio generale davanti a qualsiasi degenerazione della vita, con le gente che perde il lavoro e i contratti di assunzione che ormai si fanno paradossalmente anche solo di 15 minuti. Le metafore dell'ultima parte, più risolta, intensa e teatrale, sono quelle delle "Teste di rete", fantasmatiche immagini del potere che oggi non ha più identità precisa, non si sa come la pensi e dove sia (al contrario dei padroni di un tempo); quella di un'umanità che va alla deriva su una zattera (come dire siamo un po' tutti migranti in disperata cerca di una vita migliore) e delle aragoste, che vanno legate con la coda sotto al corpo e bollite vive (come fanno politica e finanza con le persone normali), e invece si decide che vanno liberate, che appunto bisogna prendere in mano la situazione se si vuole arrivare a rovesciarla. In scena ancora qualche anziano che rappresenta la storia degli "autodrammi" di Monticchiello, di anno in anno specchio e riflessione sul modificarsi della vita collettiva, assieme agli adulti e anche giovani e molti bambini, questi ultimi però simbolicamente persi in proscenio a giocare coi loro telefonini. Alla fine quindi grandi e calorosi applausi, e poi via, tutti a cena alla Taverna del Bronzone, aperta nella ex cripta del Duomo con tutti i suoi affreschi illuminati all'uscita dal teatro, dove sempre le donne locali preparano i piatti tipici della zona. Insomma, una serata che vale una gita. Tutte le informazionisu www.teatropovero.it

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