(di Daniela Giammusso) (ANSA) - ROMA, 27 AGO - MARINO AMODIO, VINCENZO DEL VECCHIO, 'TERRANEO' (Ed. Gallucci, pp. 46 - 15,00 euro). Oggi è il mare che divide e mette uno contro gli altri. Dove migliaia di uomini, ogni anno, perdono la vita fuggendo dalla guerra e dalla fame, in balia di trafficanti senza scrupolo. Ma se invece che un mare, un tempo il Mediterraneo fosse stato isola, patria comune di tutti popoli circondati dall'acqua? E se solo in un secondo momento le diverse regioni si fossero spaccate e allontanate lasciando spazio all'acqua, che ha occupato i crateri come una matrice vuota? Proprio nei giorni del braccio di ferro tra il Governo italiano ed Europa, quando il tema degli sbarchi e dei migranti si fa sempre più acceso, parte da questa suggestiva e immaginaria idea ''Terraneo'', albo illustrato di Marino Amodio e Vincenzo Del Vecchio, che arriva in libreria per Gallucci il 30 agosto.
Un volume - il primo firmato dai due architetti e graphic designer - attuale e visionario insieme, dedicato agli amanti (piccoli, grandi) dell'illustrazione e della mitologia, che alcune storie le riprende, altre le crea, ribaltando la visione delle cose, o almeno della geografia. Quasi come quelle cartine di fine '800, che ritraevano l'Italia a testa in giù, vista dal cuore dell'Europa, lunghissima e amorosamente protesa verso l'Africa.
L'universo di Terraneo, forse sarebbe potuto esistere ai tempi di Atlantide o poco prima dei viaggi di Ulisse. Ma tanto assomiglia al nostro grande mare comune. ''C'era un tempo - si legge tra le gigantesche illustrazioni - in cui una sola terra univa le coste del Mediterraneo. Lunghi e continui erano i cammini che l'attraversavano e molti i viaggiatori che percorrevano le strade''. Lambita dall'Oceano del Sahara a sud e dal Mare Freddo a nord, con tanto di Baia Italica che sembra un fiordo a forma di stivale, il lago dell'Etna e quello della Sardegna, la grande isola di Terraneo - isola pacifica per le genti che vi approdavano e luogo di scambio di cultura e risorse - aveva i nostri stessi punti di riferimento, ma capovolti. Come Gibilterra, non ancora Stretto, ma grande volto a protezione della costa ovest, cui Terraneo aveva affidato la curiosità di tutti i suoi popoli, che almeno una volta nella vita vi andavano in pellegrinaggio. Scillacariddi era una città, costruita per custodire il legame tra le regioni dello Ionio e del Tirreno, rivelando l'attrazione e la paura dei suoi abitanti verso il mare. E poi Venezia, nata dal desiderio di popolare una terra su cui non si poteva camminare. Il Cairo, dove gli uomini innalzarono le dita fino all'impossibile, nel superbo tentativo di abitare i cieli. O Atene dove le preghiere avevano forma di colonne, una per ogni persona di Terraneo. Ma l'uomo è per sua natura spinto alla conoscenza e scoperta.
La grande domanda che attanagliava scienziati e artisti, religiosi ed esploratori (nei tratti si riconoscono Marco Polo e Cristoforo Colombo), è cosa potesse nascondere tutta quell'acqua. Perché ''gli abitanti dell'isola sognavano mondi liberi'', racconta l'albo. E quando quella terra non fu più in grado di contenere tanta paura e tanta voglia di conoscere ''non rimase altra possibilità che svuotare quell'immenso mare''. Fu così che nacquero le coste attuali, Scilla e Cariddi, i grandi porti dell'antichità e del presente, da un unico popoli tante diversi genti. E purtroppo, anche gli sbarchi, le divisioni e i respingimenti.
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