Si è perfettamente consapevoli della serietà della situazione attuale e di come sia difficile prendere decisioni in questo momento cruciale. Tra le due ipotesi estreme, quella di un rigido lockdown per raffreddare la curva e, all'opposto, quella del "liberi tutti" almeno per le feste, occorre trovare un compromesso adeguato che consenta di scongiurare una risalita dei contagi e al contempo, di non affossare definitivamente l'economia e in particolare alcune categorie, come quella dei commercianti e delle attività legate al turismo, per cui le festività di fine anno costituiscono un momento importantissimo.
Vorrei sommessamente sottolineare il fatto di come, nel dibattito attuale, si prenda poco in considerazione l'analisi statistica e scientifica dell'impatto delle misure prese da inizio ottobre in poi per rallentare la crescita dei contagi, e soprattutto non si consideri affatto l'andamento della curva nei mesi passati, che, a ben vedere, costituisce l'elemento più eclatante e alla portata di tutti. Come si ben evidenzia dal grafico elaborato dalla Fondazione Gimbe sui dati del Ministero della Salute, nel mese di Settembre la curva dei contagi rimane piatta, incredibilmente piatta.
Se andiamo più indietro il valore minimo viene raggiunto a metà luglio, con circa 200 contagi al giorno; successivamente ad agosto il valore cresce gradualmente fino a raggiungere i 1200/1400 contagi giornalieri, e su questo valore la curva rimane sostanzialmente ferma per tutto il mese di settembre. La risalita dei contagi - questa volta con crescita esponenziale - avviene solo a partire dall'inizio di ottobre.
Questi dati sconfessano la comune narrazione che attribuisce all'allentamento delle misure in estate la causa della seconda ondata: se, come ci dicono gli esperti, l'andamento della diffusione del virus che viene rilevato è il risultato di quanto successo due settimane precedenti, occorre collocare le origini della seconda ondata verso la metà di settembre, non ad agosto. Ed è perfettamente spiegabile, se pensiamo che verso la metà di settembre molte imprese riprendono con maggiore frequenza la modalità di lavoro in presenza e nello stesso periodo riaprono le scuole.
Non è all'interno delle scuole che si diffondono i contagi, ma fuori dai cancelli e nei mezzi pubblici che, in quasi tutte le regioni, viaggiavano al 100% della capienza, a differenza di quanto prospettato prima dell'estate. Ripercorrendo i dati e l'assenza di misure adeguate in quel periodo, ci rendiamo facilmente conto del fatto che non è stato un agosto pazzo ma semmai un settembre pazzo a determinare la rapida ripresa del contagio. Non è stato il turismo dell'estate, ma l'inadeguatezza nella gestione della ripresa a portarci alla situazione odierna.
Questa riflessione ci conduce a oggi e alla decisione di limitare fortemente gli spostamenti nel periodo delle festività, a danno soprattutto del turismo. Non dobbiamo scordarci come il turismo sia la prima industria nazionale, che genera il 10% del nostro prodotto interno lordo.
Se comprendiamo l'estraneità del turismo estivo alla seconda ondata, dettata invece dalla circolazione delle persone nelle nostre città, possiamo forse conseguentemente riconsiderare l'attuale decisione di arrestare completamente il turismo durante le festività, obbligando invece le persone a circolare all'interno dei confini delle città, dove peraltro riaprono i negozi e le vie dello shopping con già evidenti segnali di assembramento.
Arturo Artom, fondatore di Confapri
(ITALPRESS).
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