Giovedì 19 Dicembre 2024

Rebus manovra, spetta a Draghi o al nuovo governo? Cosa significa disbrigo degli affari correnti

Incrocia argomentazioni giuridiche e politiche il rebus su chi debba presentare la legge di Bilancio il 20 ottobre, qualora si andasse a votare tra settembre e ottobre e per quella data non ci fosse ancora in carica un nuovo esecutivo. Un tema che non vede concordi i costituzionalisti e che pone la questione dell’eventuale esercizio provvisorio, rischio che ha fatto sì che non si sia mai votato in autunno. Il tema è se la legge di Bilancio sia da considerarsi un atto dovuto e necessario o meno. Nel primo caso anche un governo uscente nel disbrigo degli affari correnti potrebbe presentarla. La pensa così il professore Salvatore Curreri, docente all’Università Kore di Enna: «Dal punto di vista formale - spiega all’ANSA - la legge di Bilancio è un atto necessario; la Nadef va presentata entro il 30 settembre e la legge vera e propria entro il 20 ottobre; è un adempimento che va fatto e che quindi può essere svolto da un governo nel disbrigo degli affari correnti. Per altro abbiamo dei precedenti: il governo Gentiloni presentò il Def a maggio 2018, perché con la nuova legislatura non si riusciva a formare un nuovo governo, e quando questo si formò, il Conte I, a ottobre varò una legge di Bilancio con saldi diversi"; stesso scenario nel 2013 con il Def del governo Monti il 10 aprile, e la successiva manovra del Governo Letta, con appostamenti di bilancio completamente diversi. «Il problema - osserva Curreri - è che il governo in carica per gli affari correnti presenterebbe una legge di Bilancio pro forma, a legislazione vigente, che il Parlamento inizierebbe ad esaminare. Tuttavia quando il nuovo governo si insedierà presenterebbe un maxi emendamento con fiducia a novembre o dicembre e a quel punto per la terza volta avremmo una Legge di Bilancio che di fatto non sarà stata nemmeno esaminata dalle Camere. Successe nel 2018 con il Governo Conte I che presentò un maxi-emendamento a ridosso di Natale, e l’anno dopo avvenne con il Conte II; la prima volta ci fu un ricorso davanti alla Corte costituzionale da parte dei senatori del Pd, e l’anno dopo da parte di Fdi e in entrambe le volte la Consulta disse: «vabbè, per questa volta passi, ma non lo fate più». Temo che possa ripetersi tutto anche quest’anno». Di parere diverso Stefano Ceccanti, ordinario a La Sapienza a Roma: «un governo incaricato degli affari correnti, dimissionario o all’inizio di una nuova legislatura, non può fare la legge di bilancio. Si tratta dell’atto più politico per un governo e presuppone l’esistenza di un rapporto fiduciario tra esecutivo e Parlamento. Comunque se si vota il 2 ottobre credo che per il 2 novembre un governo nel pieno dei poteri ci possa essere e la legge di Bilancio la farà lui; anche perché il termine del 20 ottobre è ordinatorio. Se poi i tempi di formazione dell’esecutivo sono più lunghi si va ad esercizio provvisorio, la Commissione Europea lo capirà».

Cosa significa governo in carica "per il disbrigo degli affari correnti"

Il "disbrigo degli affari correnti" prevede che l'esecutivo si limiti ad assicurare una continuità amministrativa e adottando atti urgenti. In particolare - come spiega Openpolis.It - il governo potrà emanare decreti legge in quanto dettati da casi di necessità e urgenza ed esaminare i relativi disegni di conversione; esaminare i disegni di legge di ratifica dei trattati, i ddl di delegazione europea e della legge europea se si tratta di atti dovuti, in quanto adempimento ad obblighi internazionali o derivanti dall'appartenenza all'Ue. Al contrario, il governo non potrà esaminare nuovi disegni di legge, a meno che non siano imposti da obblighi internazionali; potrà approvare decreti legislativi solo se serve ad evitarne la scadenza dei termini; non dovrà adottare nuovi regolamenti ministeriali o governativi, a meno che la legge o obblighi internazionali non impongano altrimenti, oppure che siano necessari per l'operatività della pubblica amministrazione o per l'attuazione di riforme già approvate dal parlamento; non procedere con nomine o designazioni che non siano vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, o che comunque non siano procrastinabili fino all'entrata in carica del nuovo governo.

I poteri del governo dimissionario, si a decreti no ddl

Un governo dimissionario resta in carica «per il disbrigo degli affari correnti» per garantire la continuità amministrativa in quanto il Paese non può restare senza una guida. Tra le sue facoltà ci sono gli atti di straordinaria necessità ed urgenza, come i decreti leggi se necessari e gli atti definiti «indefettibili» ovvero obbligatori per uno Stato. Ad essere preclusi, invece, sono tutti gli atti caratterizzati da una discrezionalità politica, come i disegni di legge (a meno che essi non siano legati ad obblighi internazionali). Ad entrare nel merito di ciò che il governo Draghi, dopo le dimissioni del premier, potrà fare è il costituzionalista Francesco Clementi: «Primo: l’esecutivo potrà firmare decreti legge se servissero. Le Camere, infatti, anche se sciolte, sono appositamente convocate per la conversione. ( Il rischio, però, è che non vi sia conversione per una situazione parlamentare particolarmente polarizzata e pre-elettorale). In questo contesto il "decreto accise" annunciato per fine mese, è possibile. Secondo - continua -: dovrà portare a compimento gli "atti indefettibili", ovvero quegli obblighi dettati da un meccanismo automatico: ad esempio, l’Italia non può smettere di pagare il debito pubblico. Terzo: potrà e dovrà emanare tutti i decreti legislativi attuativi di deleghe già approvate dal Parlamento, che è una quota parte importante dell’attuazione del Pnrr. Quarto - spiega il prof -: deve portare avanti tutto ciò che consente di far funzionare la macchina amministrativa del Paese, per esempio non si può smettere di fare passaporti...La quinta facoltà è stata introdotta durante la crisi del governo Gentiloni: l’attuazione del diritto comunitario e degli obblighi europei». Clementi preannuncia anche che a giorni dovrà essere emanata una direttiva della presidenza del Consiglio dei ministri che definirà in concreto gli ambiti di intervento del governo dimissionario. «Al suo interno, per quanto spiegato prima, non potranno non esserci le soluzioni a 4 emergenze: economica, pandemica, sociale, e quella legata alla guerra. Dunque - sottolinea -, agli impegni che l’Italia ha preso con gli alleati per sostenere l’Ucraina, compreso eventualmente il prossimo decreto armi». Di contro, essendo esclusi «tutti gli atti politici come i disegni leggi e le richieste politiche, saranno preclusi anche gli atti discrezionali».

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