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Le mura di Gerusalemme con le bandiere di Ucraina e Russia. Ma poco dopo l'iniziativa è sospesa

In prima linea per la pace. Anche nelle trattative, visto che Israele si è offerto per un ruolo da mediatore. E così ieri il muro del pianto a Gerusalemme si è colorato con le bandiere di Russia e Ucraina, con colombe della pace al centro, sperando nel successo dei prossimi colloqui. L'iniziativa è stata del Comune di Gerusalemme. Tra le bandiere è scritto "Colui che fa pace nei cieli", un versetto biblico citato nel Kaddish.

Gerusalemme, la capitale dello Stato di Israele, è una città di pace e convivenza. Siamo favorevoli alla fine dei combattimenti e alle intese da parte delle parti" ha afferma il comune. "Saremmo felici di rispondere alla richiesta del presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, e di ospitare qui a Gerusalemme il dialogo diplomatico tra i due Paesi". Dopo un po', però, il comune ha rimosso la bandiera russo-ucraina dalle mura della città vecchia, a seguito di critiche.

Ma Israele affronta anche il problema dei profughi. «Israele deve aprire la porta ai profughi. Che non avvenga che una persona in fuga dal fuoco, dalle ostilità, che non sappia doveva andare - non trovi qua almeno una zona di riparo": lo ha detto alla radio pubblica il rabbino capo di Israele (ashkenazita) David Lau, reduce da una visita a Chisinau (Moldova) ad un campo di profughi dell’Ucraina. Prendendo implicitamente le distanze dalla decisione della ministra degli interni Ayelet Shaked di limitare a 5.000 il numero dei profughi non ebrei che in questa fase potranno entrare in Israele, il rabbino Lau (che è figlio dell’ex rabbino capo Meir Israel Lau, ex internato nel lager di Buchenwald) ha aggiunto: «Persone che non abbiano trovato riparo altrove devono essere accolte da Israele fino a quando siano in grado di rientrare a casa». In ogni caso, ha precisato, la residenza permanenza e la cittadinanza potrebbero essere garantite solo a quanti fra di loro abbiano il diritto di avvalersi della Legge del Ritorno. Di parere analogo anche il ministro delle finanze Avigdor Lieberman (originario di Chisinau). «Finché tuonano i cannoni - ha detto - dobbiamo accogliere tutti quanti fuggono, perché le loro vite sono in pericolo»

 

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