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"Il sindaco del rione Sanità", a Venezia 8 minuti di applausi per il film di Martone

L'attualità del messaggio di Eduardo in concorso alla 76esima Mostra di Venezia con Mario Martone, uno dei tre italiani in corsa per il Leone insieme a 'La mafia non è più quella di una volta' di Franco Maresco e 'Martin Eden' di Pietro Marcello.

Il regista partenopeo porta sul grande schermo 'Il sindaco del rione Sanità', in una versione a cavallo tra cinema e teatro, tornando in parte alle origini della sua carriera, grazie alla collaborazione con Nest, compagnia che fa capo all'attore Francesco Di Leva che ha trasformato una palestra di San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia di Napoli, in una sala da cento posti per combattere il degrado fisico e morale e combattere Gomorra con la cultura.

Il film è stato accolto da otto minuti di applausi.

È Di Leva a dare corpo ad Antonio Barracano, 'uomo d’onore' che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”: è 'Il sindaco' del rione Sanità, che con la sua influenza amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato. Chi 'tiene santi' va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio.

Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il sindaco decide allora di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.

"Ho pensato subito che se ne potesse fare un film", spiega Martone, "abbiamo fatto una cosa tra Cassavetes e Mario Merola". La spinta, o meglio, "la mossa", come la definisce, "semplice ma decisiva viene da un'idea di Francesco Di Leva di far interpretare Barracano a un attore giovane, che richiamasse i boss di oggi".

"Qui stiamo parlando di 'Paranza dei bambini', il 75enne di allora è il 38enne di adesso, perchè l'età è sempre più bassa", spiega Di Leva, "ho spulciato il testo, nato tra il 1959 e il 1960, e mi sono domandato cosa fosse successo allora, cosa leggesse sui giornali Eduardo in quegli anni, in cui Che Guevara faceva la rivoluzione a Cuba e Muhammad Alì conquistava il mondo. Il mio rap napoletano si ispira a quello nato con Muhammad Alì". Il boss non indossa la vestaglia ma una tuta, e cambia il finale rispetto al testo di De Filippo, ma l'immortalità dell'opera resta nel suo messaggio.

"Purtroppo temo che tra 20/30/40 anni ancora parleremo della Camorra, e che anche Eduardo lo pensasse", rimarca amaro Martone, "è difficile immaginare un mondo migliore ma, come avviene nel testo, è necessario sentirsi responsabilizzati in prima persona".

Il film, prodotto da Rai Cinema e Indigo Film, sarà in sala distribuito da Nexo Digital il 30 settembre e l’1 e 2 ottobre.

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