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Fabrizio De Andrè - Un Giudice

C'è poco da interpretare del pensiero di De Andrè: la canzone è la traduzione più o meno libera di una poesia di Edgar Lee Master dalla raccolta Antologia di Spoon River, infatti è inserita nell'LP "Non al denaro non all'amore né al cielo" dove tutte le canzoni sono prese da poesie di Master.

Basta andare su Wikipedia e leggerete: “Un giudice” è tratta dalla storia di Selah Lively, un uomo da sempre deriso a causa della bassa statura (nella poesia originale, 5 piedi e 2 pollici, cioè 157,48 cm, un metro e mezzo nella canzone) il quale, studiando giurisprudenza nelle notti insonni vegliate al lume del rancore, diventa giudice e si vendica della sua infelicità attraverso il potere di giudicare e condannare (giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male), incutendo timore a coloro che prima lo irridevano. La storia si conclude con il giudice che, nell'ora dell'addio, finisce con l'inginocchiarsi, non conoscendo affatto la statura di Dio. Grande importanza anche qui, come in "Un matto" il tema dell'invidia, che diventa ancora una volta il motore dell'agire del personaggio; in questa canzone De André mostra come l'opinione che gli altri hanno su di noi ci crei disagio e sconforto. Il giudice, definito iperbolicamente con l'epiteto di nano da De André, diventa una carogna per il semplice fatto che gli altri sono sempre stati carogne con lui; si abbandona quindi il tema malinconico dell'invidia provata dal matto e si trova un'invidia che trova nella vendetta l'unica cura possibile."

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