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Francesco Renga stasera a Messina: un "Restarts" al profumo di Sicilia - L'INTERVISTA

Cominciamo dai capelli. Da quella promessa di non tagliarli finché non si fosse ripartiti, fino a che la vita non avesse ripreso a girare. Un simbolo, della lunghezza del tempo, l’ultimo tempo, quel futuro che nemmeno si vedeva, quello che sembrava bloccato in un presente cristallizzato e che invece ora (sembra) passato. Una spuntatina Francesco Renga l’ha data, per liberare gli occhi, per ricominciare a guardare oltre. Domani Francesco Renga sarà a Messina per RestArts, la rassegna di spettacoli del Comune a Villa Dante.

“La cosa che è mancata di più in questo anno terribile e orribile, credo a tutti noi, certamente a me, era proprio il contatto col pubblico. Quindi tornare a fare il mio lavoro su un palcoscenico, davanti a persone reali e non dietro a uno schermo o di fronte ad una platea vuota… è un premio. Idealmente, riabbracciarli anche solo con lo sguardo mi carica moltissimo”.

L’ultimo un paio d’anni fa. E tuttora un progetto per un prossimo album non c’è. Ma un cantiere sì, un lavoro in corso con la penna in mano e produttori, creatività diverse intorno. “Uscirò con una canzone quando quella canzone me lo chiederà, quando ci sarà urgenza di presentarla, condividerla. Può darsi che ci sia un supporto fisico, l’ho immaginato ma non lo dico. Sarà una raccolta di cose, di genesi”.

Ma intanto c’è “uno spettacolo speciale per un’occasione speciale”. Il tour, “Acustic trio – Estate 2021” sarà a dimensione umana. Un giro irripetibile, senza sequenze, alla vecchia maniera, che alla musica basta un piano, una chitarra, la voce.

“Sarà particolarmente intimo, vorrei che il concerto fosse un modo per interloquire col pubblico, per parlare con la gente e, visto che non si potrà scendere, che non ci si potrà toccare, sto inventando tutta una scaletta colloquiale, discorsiva. Intrisa di vecchie canzoni che non avevo più portato dal vivo e che invece in questa dimensione avranno lo spazio adatto”. Adesso questa acustica delle emozioni è l’unico abbraccio possibile. “Poi, quando si potrà tornare ad una normalità completa, ci sarà il tempo per gli spettacoloni”.

In fondo è come un debutto, un nuovo esordio, un tentativo di rinascita “con tutto il carico di tensione che comporta. Con la ruggine da tirar via, le aspettative di cose che mancano tanto, da tanto. Quelle che quando arrivano sono anche meglio di come le hai immaginate, come la prospettiva della gente vista dal palco…”

Due date, il 20 agosto “Sotto il Vulcano” di Zafferana Etnea e la seconda domani al “Restarts” di Messina, dentro Villa Dante. In entrambe c’è la terra di tua madre Jolanda…

“Una terra che amo, insieme ad un’altra isola, la Sardegna che è la terra di mio padre. Materia ricca, colta, saporita. Che sa di radici. C’è una bellezza densa che mi porto dentro e che ogni volta che mi avvicino esplode”

Qual è il profumo dei tuoi ricordi?

“L’odore di mia nonna che fa i panni, di mia mamma e i suoi dolci, dell’orzata, della natura magica quando si sveglia e ti sorprende. Il profumo è sempre qualcosa capace di richiamare, di trasportarti in un altro luogo, in un altro tempo. Come la musica”

In principio furono i Timoria. Ti manca mai il gruppo? La vivi la solitudine del solista?

“La vivo e la supero con una band (Fulvio Arnoldi, Vincenzo Messina e Stefano Bradoni), la mia, che mi segue da sempre. Sono professionisti-amici, rapporti in equilibrio, meccanismi che si instaurano come nelle migliori famiglie. Uno dei motivi per cui torno live adesso senza aspettare l’inverno, è tornare a far lavorare qualcuno rimasto indietro”

Ma una prima ripartenza già c’è stata, col tuo ennesimo Sanremo…

“Una canzone bella, difficile, divisiva, impegnativa, che aveva bisogno di prendere luce in quello spazio. Volevo raccontare quel pezzo del mio lockdown. Tirar fuori dagli scatoloni della mia anima tutte le cose maturate durante questo periodo strano, assurdo, incredibile. Ma anche ricco di sensazioni belle e brutte, di emozioni e paure, carico di incertezze… esorcismi. Dello spirito migliore dell’essere umano. Perché quando l’uomo ha paura persino della speranza, si fa fronte comune per farcela. Questa è l’unica cosa da portarsi fuori da qui”.

Di un periodo da dimenticare, le cose da ricordare.

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