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"Somos el fùtbol": l'emozionante video dell'Uruguay, outsider dei mondiali in Qatar

"É solo un gioco", facile a dirsi, meno andare a spiegarlo in riva all'oceano Atlantico ad una nazione, l'Uruguay, che conta sì solo su tre milioni e mezzo di abitanti, ma che ha da sempre dimostrato di possedere una passione viscerale verso lo sport più praticato al mondo, il calcio.
A conferma di questa tesi il toccante video promosso dall' AUF, Selecciòn Uruguaya de Fùtbol (non a caso con la prima lettera maiuscola) nel quale il selezionatore, Diego Alonso detto "il Tornado", erede di Tabarez sulla panchina della Celeste, segna sulla mappa del proprio paese tutte le regioni di appartenenza dei propri "soldati", dal Salto di Luis Suarez ed Edinson Cavani situato a nord del paese, nella zona più paludosa del bassopiano uruguagio fino alla capitale Montevideo, che ha dato i natali al"pajarito" Federico Valverde, stella più attesa per questo mondiale mediorientale.

"Somos el futbol", questo lo slogan di chiusura scelto dalla federazione uruguaiana ed anche qui risulta difficile convincerli del contrario.
Perché se è vero che il football (con due "o") è stato inventato dagli inglesi, è altrettanto inconfutabile che la passione per il fùtbol, nasce proprio sulle sponde del Rio della Plata.


Il primo approccio con la "pelota" è stato un vero e proprio colpo di fulmine per la popolazione "charrua" (che prende il nome dall'unica tribù documentata che abbia abitato per prima l'attuale Uruguay), agli inizi del '900 infatti gli abitanti autoctoni dell'Uruguay prendevano confidenza con questa nuova disciplina importata dagli inglesi, colonizzatori nella confinante Argentina, ma che si spingevano a nord in cerca della carne più succulenta, il resto è storia.

Una storia scritta già ad inizio secolo quando la selezione uruguagia, vince prima due olimpiadi, (nel 1924 a Parigi e nel 1928 ad Amsterdam)  per poi confermarsi nella prima edizione intercontinentale del 1930 vinta proprio nello "Stadio del Centenario" di Montevideo (costruito appositamente per l'evento e per la celebrazione del centenario dell'indipendenza uruguaiana) di fronte a 95.000 spettatori battendo in finale gli acerrimi rivali argentini per 4-2.
La quarta stella (perché per i tifosi uruguagi le due Olimpiadi vinte valgono come un mondiale e ci tengono a ricordarlo sfoggiandole con fierezza tutt'oggi sul petto) arriverà nel 1950, nella gara più drammatica della storia di questo sport quando di fronte a 225.000 persone La Celeste sconfisse in casa loro il Brasile, bramoso di portare a casa il primo Mondiale, grazie alla rete di Varela  gettando cosí nello sconforto tutti i tifosi verdeoro presenti quel giorno che da allora preferiscono ricordare quella gara semplicemente con il nome di "Maracanazo".

Per carpire però l'essenza di quello che rappresenta il fùtbol per la popolazione "charrua", bisogna trasferirsi a qualche chilometro di distanza dallo stadio centrale, precisamente  sulle rovine dello stadio "Positos" dove il 13 luglio 1930 andò in scena la prima sfida della massima competizione per le rappresentative di calcio nella quale un operaio francese della "Peugeot" siglò il primo, storico gol della competizione, nella sfida poi vinta dai transalpini per 4 a 1 contro il Messico.

A 92 anni di distanza, complessi residenziali hanno preso il posto di quello che è stato lo stadio che per primo ha aperto i battenti alla competizione più desiderata del globo, ma la porta nella quale Lucien Laurent siglò quella prima storica rete la si trova ancora lì, a cavallo tra la strada ed il marciapiede, così come il cerchio del centrocampo dove rotolò per la prima volta la "pelota", situato oggi di fronte ad una modesta lavanderia di quartiere.
Perchè loro "Soy el fùtbol" e a noi non resta che ricordarlo.

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