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Sanremo 2022: Giovanni Truppi, un fotografo col vestito del cantautore L'INTERVISTA

E' tra i favoriti per la Critica. «La mia canzone? Un titolo affollato, ma parla di ciò che si prova quando si sceglie l’amore»

Giovanni Truppi è uno (il solo) che ancora prima di cantare ha vinto già due premi. La targa Mei Artista Indipendente e il Lunezia, quello che a Sanremo si assegna al valore letterario di un brano. Quello di maggior prestigio, se di mestiere fai il cantautore. In fondo è vero, «i premi sono tutti importanti e non lo è nessuno. Ma, come quando qualcuno ti ascolta e poi ti dice che in qualche modo gli hai parlato, conta il riconoscimento, in senso letterale». Che sia a Sanremo è una scommessa, forse la più ardita. Perché lui è lo sconosciuto, il corto del circuito, il fuori dalle logiche. Di stream o di mercato. Perciò è difficile calcolare la reazione.

«Talvolta mi capita di scrivere pensando che arrivi facilmente a chi l’ascolta, invece mi ritorna che è di difficile comprensione o il contrario». La percezione personale, intima di se stessi, che si completa quando incontra gli altri. «La comunicazione questo è. Senza l’altro, senza l’altro sguardo, non so se è possibile definirsi». Sarà che dal suo infinitamente intimo all’immensamente cosmico, Giovanni Truppi è un fotografo col vestito del cantautore. Uno di quella scuola (che in Liguria è di casa) che pensa e prova, quindi scrive e canta. Con l'approccio di chi immortala, Dio e gli uomini, altezze e profondità. Onestà, sentimenti, dolore, ironia. Idealismo.

E la sua “Tuo padre, mia madre, Lucia” questo è. Un pezzo da incorniciare. Un quadro e un manifesto. Una canzone d'amore, dichiarato. «Ha un titolo affollato nel quale, a dispetto dell'annuncio, l'anima è di coppia. Che si sceglie anche d'inverno, lì dove resistono solo i forti». Anzi, «i tre personaggi del titolo neanche c’entrano col discorso della canzone. Sono giusto spettatori di quello che avviene. Come accade quando una relazione passa dal privato, dal preliminare, a una fase diversa in cui ci si confronta con l’esterno». Dentro c’è l’amore che diventando adulto si fa grande. «Qualcosa di cui ho cominciato a fare esperienza da poco. Da quando ho messo a fuoco che più si abbrevia la prospettiva di vita, più aumenta la capacità di progettare». Di promettersi che “quello che sarò sarà con te”. La sintesi, la più semplice, «di quello che si prova quando si sceglie, quando si ama, quando ci si immagina un futuro insieme».

Per la serata delle Cover ha scelto “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè, la farà con Capossela. Se sarà performance o terra di confine? «È importante per me e Vinicio manovrare questo capolavoro con rispetto. Ma è bello trattarlo non come oggetto da museo, piuttosto avendoci un dialogo». Intanto anche per i bookmaker, come tra quelli che già l’hanno ascoltato, serpeggia una certa Critica favorevole. E magari, chissà, nella sua bacheca toccherà far posto a un altro premio.

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