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Colapesce e Dimartino trionfano a Sanremo. Splash? "Un tuffo dove l’acqua è più blu"

Splash. S'intitola così il brano con cui i siciliani Colapesce e Dimartino sono in gara al Festival e sono secondi nella classifica generale dopo le prime due serate. Ed è già enigma, che lascia sospeso il finale. «Potrebbe essere il suono che fa un tuffo in una piscina, quindi una cosa spensierata o anche uno schianto».

C'è continuità con «Musica Leggerissima», con quel primo successo sanremese presto consacrato “tormentone” (a lunghissima conservazione) che un paio d'anni fa li ha spinti avanti tutta ben oltre ogni aspettativa.
C’è un altro malessere. Quello che prova chi, dopo la depressione da pandemia, deve affrontare il peso delle aspettative, il ritorno ai pesi della vita quotidiana («dici che dovrei staccare un po' la mente... ma io lavoro per non stare con te»).
C'è lo «stesso stile di scrittura a doppio livello, una lettura immediata e un significato che scava più a fondo. La verità è che non siamo fan della spiegazione, preferiamo vivere la canzone. Quel «Ma io lavoro per non stare con te», ad esempio, alcuni l'hanno letto da un punto di vista materno, altri più genericamente relazionale. Ed è questo il bello, che ciascuno si identifichi, che porti il nostro senso dentro la propria storia».

La bellezza delle canzoni, in fondo, è nella loro capacità di restare neutrali. Anzi, è esattamente questa la prerogativa delle canzoni. Quella di «non prendere posizione, di lasciarle tutte aperte».
Gli echi battistiani che risuonano nel brano hanno più a che fare con le parole che con la musica. «Siamo fan di Lucio Battisti come tutta l'Italia. Ma non abbiamo scritto "Splash" pensando di fare un pezzo “alla Battisti”. Nella nostra cifra, lo sa bene chi conosce la nostra discografia, sono tantissimi i pezzi in linea con "Splash"». Ci sono elementi testuali che possono richiamare il periodo di Lucio con Mogol, quello sì. «I campi, la parola grano, che non è un termine scritto spesso nella tradizione italiana. In quel connubio, nei loro dischi insieme, era forte l'idea di contrapporre la vita di campagna a quella cittadina. Ma, d'altra parte, ascoltando profondamente la nostra "Splash" si può riconoscere anche qualche riferimento ad Enzo Carella, c'è Domenico Modugno, Arctic Monkeys... abbiamo ascoltato tante cose per arrivare a "Splash".

Avete ceduto una quota della vostra anima indie a questo mondo tutto nazionalpopolare?
«No, perché il nostro modo di scrivere ed arrangiare e di produrre è esattamente quello di sempre. Non abbiamo fatto il verso a..., e chi ha ascoltato la canzone sa che non ammicca né al pop né alle radio. Ci sentiamo molto liberi da un punto di vista creativo. Nessuno ci impone quello che dobbiamo fare, quindi finché chi scrive può dire quel che vuole nel modo in cui lo vuole dire è un buon traguardo».

Il 20 febbraio arriva nelle sale «La primavera della mia vita». E «Splash» scorrerà nei titoli di coda...
«È un film che era il nostro sogno primordiale, esisteva già prima di fare il disco insieme. "I Mortali" lo avevamo lanciato con una serie di cortometraggi, ma la pellicola vera è arrivata solo adesso. Si tratta di un road movie, girato in una Sicilia molto diversa da quella che si vede di solito. Senza stereotipi, fuori cliché. È la storia di un'amicizia. Dentro c'è Roberto Vecchioni, Madame, Brunori Sas, Stefania Rocca, attori siciliani come Corrado Fortuna e Vincenzo Piparo».

Ma c'è una Sicilia reale che in questi giorni, dopo la cattura di Messina Denaro, si è guadagnata un'ennesima ribalta... Può la musica fare antimafia?
«Può provarci, dare segnali. Ma una canzone contro la mafia non potrà mai cambiare le cose. Meglio pensare pratico. La nostra posizione ce l'abbiamo molto chiara. Come la consapevolezza che ultimamente i media cercano di raccontare una parte di  Sicilia sbagliata. Da quando è stato arrestato Messina Denaro sembra che si vadano ad intervistare solo le persone che non ne sono contente. Anche se si sa che quella è una percentuale minima, che il contraltare sono centinaia di imprenditori vittime, che troppo sangue è stato versato perché questa "faccia" non uscisse. Eppure i giornali per fare notizia ne fanno un racconto tendenzioso che ci dispiace, ne parliamo spesso. Quel lato non esiste più da dopo le stragi di mafia, la stragrande maggioranza dei siciliani non sono più così».

La loro personale previsione (già due anni fa si erano sbagliati di pochissimo e per difetto, avevano predetto di arrivare quinti ed è toccato loro il quarto posto) li piazza quattordicesimi. Al Fantasanremo saranno giocatori involontari. Nessun gesto scaramantico prima dell'esibizione. L'emozione, invece, quella non cambierà mai. «Quel palco la chiama. Quel palco, può sembrare un ossimoro, ha un gran potere spirituale».

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