Mai così vicini nella visuale degli uomini che guardano all’insù, sporgendosi sulle punte da un Pianeta Terra che festeggia il Natale, Giove e Saturno andranno a sovrapporsi il 21 di dicembre creando l’effetto di un corpo celeste unico, ad maiorem gloriam Dei. C'è solo da sperare che quella notte non sia nuvoloso: la delusione sarebbe enorme, una seconda possibilità praticamente irrealizzabile. Succede ogni vent'anni, certo, ma non con questa intensità. L’ultima volta, per intenderci, era l’alba del XVII secolo: il mondo era ancora titubante nell’accettare la rivoluzione copernicana, Tycho Brahe doveva difendere la madre dalle accuse di stregoneria e Galileo cogitava pensoso sui massimi sistemi, mentre già lo aspettava il cardinale Bellarmino. L’uomo contemporaneo, che guarda le stelle spaventato dal coronavirus, ha così la rarissima occasione di vedere due dei dell’Olimpo rendere omaggio all’unisono ad un ragazzino destinato a spodestarli. Verrebbe voglia di dire che Voltaire e Micromega si sbagliavano di grosso: la nostra palla di fango è davvero il centro dell’Universo. Caro gigante che vieni da Sirio passando proprio da Saturno, rimangiati la risata: aveva ragione il microscopico tomista. Qui si potrà seguire l'evento in diretta
La suggestione della "Stella di Natale"
Il nome «stella» sotto Natale non può che essere evocativo: vuoi vedere che i Magi finirono attratti proprio da questa, e non dalla Cometa di Halley? Sarebbe una nota di ulteriore poesia in un racconto evangelico che, a leggerlo anche solo con occhi asetticamente laici, gronda sogno e meraviglia. Siccome poi non c'è nulla di più razionalmente disarmante del ragionare empirico di uno scienziato gesuita, ecco che alla Catholic News Agency puntualizza dissacrante padre Guy Consolmagno, S.J.,: «Una cosa bella da vedere». Ma che ci siano significato e rilevanza religiosa, questo è molto difficile. Per fugare i dubbi - sostiene cedendo anche lui per un attimo alla fantasia - ci vorrebbe una macchina del tempo. La formula dubitativa usata dal religioso è dovuta alla tradizionale prudenza che gli scienziati hanno nel giudicare le teorie proprie ed altrui, a mettersi al riparo da eventuali polemiche. Consolmagno, però, dirige l’Osservatorio Vaticano e si divide per i suoi studi tra Castelgandolfo e Tucson in Arizona. Insomma, sa il fatto suo ed ha purtroppo molta parte di ragione, per non dir l’intera quota.
Cosa ci resta da fare, quindi?
Ben poco, perchè quel che sorgerebbe spontaneo in frangenti come questi è lasciar le nostre case e andarsi a sottoporre all’incantamento in un luogo speciale, e non da soli. Su due piedi ci verrebbe da suggerire tre possibilità: Betlemme (e dove altro, sennò?), Santa Maria della Salute a Venezia e San Galgano in quel di Chiusdino. Ma ahimè: a Betlemme la Natività è aperta per i soli religiosi a causa del morbo; la Salute alla Giudecca evoca la peste del 1630; a San Galgano se ti trovano in mezzo alla campagna o sulla collina di Montesiepi sono botte da 400 euro di multa, cadauno. Maledetto coronavirus, anche questo ci hai tolto. Accontentiamoci allora di salire sul terrazzo condominiale, a un metro di distanza gli uni dagli altri (corrispondente al miliardo e cinquecento milioni di chilometri che ci separano da Saturno) e lasciamoci rapire verso il cielo, verso Giove in Saturno che saluta il Sole nascente su noi poveri uomini. Non sarà forse l’ascesa di Mithra, ma assomiglierà al volo del Piccolo Principe. Facciamocelo bastare.