Diffamò Giorgia Meloni? Roberto Saviano: "Con i morti in mare non potevo stare zitto".
«Mi ritrovo oggi qui e ritengo singolare che uno scrittore sia processato per le parole che spende, per quanto dure esse siano, mentre individui inermi continuano a subire atroci violenze e continue menzogne. Ma in questo vedo anche un’opportunità. L’opportunità, in questo processo, non è per me, ma perchè ho fiducia che si possa finalmente esorcizzare la più subdola delle paure e cioè che avere un’opinione contraria alla maggioranza significhi avere un’opinione non legittima, e che quindi avere un problema con la maggioranza di questo Governo significhi avere un problema con la giustizia». Lo ha detto lo scrittore Roberto Saviano fuori dal tribunale penale di Roma, al termine dell’udienza del processo che lo vede imputato per diffamazione nei confronti del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una dichiarazione che lo scrittore avrebbe voluto leggere in aula.
«Io sono uno scrittore - ha aggiunto - il mio strumento è la parola. L’accusa è quella di aver ecceduto il contenimento, il perimetro lecito, la linea sottilissima che demarca l’invettiva possibile da quella che qui viene chiamata diffamazione. Sono uno scrittore e quindi, avendo ottenuto la libertà di parola prima di qualsiasi altra, sono deciso a presidiarla. E lo farò non sottraendomi, non proteggendomi dietro una dialettica comoda, sicura, approvata e già per questo innocua».
«Dinanzi ai morti, agli annegamenti - ha detto ancora Saviano - all’indifferenza, alla speculazione - soltanto poco più del 10% dei migranti vengono salvati dalle Ong e tanto basta per aver generato un odio smisurato verso di loro e verso i naufraghi stessi - dinanzi a quella madre che ha perso il bambino, io non potevo stare zitto. Non potevo accettarlo. E sento di aver speso parole perfino troppo prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia».
«Si attaccano le Ong perchè non si vogliono testimoni che raccontino questo scempio. Dinanzi a tutto questo, non c'è la volontà genuina di ragionare sulle quote di migranti da accogliere, sulla gestione dell’accoglienza, sugli investimenti» ha osservato.
«Quello che mi sento di promettere a chi difende le mie parole e a chi le accusa chiedendo che io sia punito per averle pronunciate, è che non smetterò mai di stigmatizzare, di analizzare, di usare tutti i mezzi che la parola e la democrazia mi concedono per smentire questo scempio quotidiano», ha concluso lo scrittore.
Giorgia Meloni valuta il ritiro della denuncia
E’ durata una manciata di minuti la prima udienza del processo che vede imputato lo scrittore Roberto Saviano per l’accusa di diffamazione ai danni dell’attuale premier Giorgia Meloni. Una vicenda che risale al dicembre del 2020 quando l’autore di Gomorra, nel corso di una trasmissione televisiva in cui affrontava il tema dei migranti, definì la leader di Fratelli d’Italia «bastarda». Il passaggio della trasmissione «incriminato» è quello in cui Saviano, parlando della morte di un bambino della Guinea durante una traversata nel Mediterraneo, affermò: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: «taxi del mare», "crociere»... ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull'emergenza». Poco prima dell’udienza, che è stata aggiornata al prossimo 12 dicembre, il legale della Meloni, l’avvocato Luca Libra, ha però annunciato che con la sua assistita valuteranno un eventuale ritiro della querela che ha dato il via all’iter giudiziario.
Salvini presentato istanza per costituirsi parte civile
Di tutto altro avviso, invece, Matteo Salvini che oggi ha presentato, tramite il suo legale, una istanza per costituirsi parte civile. Saviano, che in tribunale era «accompagnato», tra gli altri, dall’attrice Kasia Smutniak e dagli scrittori Sandro Veronesi, Michela Murgia, Nicola Lagioia nonché dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, lasciando la cittadella giudiziaria di piazzale Clodio ha commentato l’iniziativa di Salvini affermando di essere il «giornalista, personalità, individuo più processato da questo governo. Salvini lo avrò contro sia in questo processo sia nel processo l’anno prossimo per la frase 'il ministro della malavità». Saviano ha inoltre letto alcune dichiarazioni che avrebbe voluto fare oggi in aula. «Ritengo singolare che uno scrittore sia processato per le parole che spende, per quanto dure esse siano, mentre individui inermi continuano a subire atroci violenze e continue menzogne», afferma e riferendosi al dramma dei migranti ha aggiunto: «dinanzi ai morti, agli annegamenti, all’indifferenza, alla speculazione, dinanzi a quella madre che ha perso il bambino, io non potevo stare zitto. E sento di aver speso parole perfino troppo prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia».
Saviano: "Si attaccano le Ong perché non si vogliono testimoni"
Per lo scrittore "si attaccano le Ong perché non si vogliono testimoni che raccontino questo scempio. Dinanzi a tutto questo, non c'è la volontà genuina di ragionare sulle quote di migranti da accogliere, sulla gestione dell’accoglienza, sugli investimenti" Nella prossima udienza non è escluso che verrà affrontato anche il tema della lista testimoni. In quella presentata dalla difesa compare, tra gli altri, anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Il legale di Saviano, Antonio Nobile, nell’atto posto all’attenzione del giudice monocratico chiede che il capo del Viminale venga a riferire «nella sua qualità di capo di gabinetto pro tempore del ministro dell’Interno sulle iniziative volte a verificare il regime di protezione al quale l’imputato è sottoposto dal 2006. Il teste - è detto - potrà anche riferire in ordine agli eventi che portavano Matteo Salvini, nella qualità di ministro dell’Interno pro tempore a porre in essere la condotta di sequestro di persona in relazione alla quale è ancora imputato».
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