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Strage in Texas, le lacrime e la rabbia di coach Steve Kerr: “Paese ostaggio di 50 senatori. Adesso basta!”

Fermate tutto, voglio scendere. È la sintesi perfetta dell'arringa di Steve Kerr, tecnico plurimedagliato dei Golden State Warriors che è a un passo dalle Finals Nba. Eppure alla vigilia di una delle partite più importante della stagione si è presentato in conferenza stampa con la voce rotta dall'emozione e poca, pochissima voglia di parlare di basket. La strage in Texas - 19 bambini e due maestre uccise - ha lasciato segni profondissimi anche nel mondo dello sport. Kerr non ce l'ha fatta a liquidare in fretta e furia quanto accaduto. Anzi, ha dedicato l'intera conferenza all'episodio. Lacrime rabbiose, nomi e cognomi di alcuni senatori che fanno da sponda alle lobbies delle armi. Un dolore che l'allenatore dei Warriors, mai sopra le righe, cova da tempo. Suo padre perse la vita nel 1984 a Beirut, vittima di un attentato terroristico. Quei momenti terribili, ogni qualvolta l'America si scopre Paese disarmato di fronte a chi... si arma, riaffiorano. E Kerr ha fermato la palla, non ce l'ha fatta proprio. Ha chiesto di scendere.

Il discorso di Kerr

Non parlerò di basket. Qualsiasi domanda sul basket non ha importanza. Quattordici bambini sono stati uccisi a 400 miglia da qui e un insegnante (questo era il bilancio delle vittime della sparatoria a Uvalde al momento delle dichiarazioni di Kerr n.d.r.). Negli ultimi 10 giorni, abbiamo avuto anziani neri uccisi in un supermercato a Buffalo, abbiamo avuto fedeli asiatici uccisi nel sud della California, ora abbiamo bambini uccisi a scuola. Quando faremo qualcosa? Sono stanco. Sono così stanco di alzarmi da qui e fare le condoglianze alle famiglie devastate che sono là fuori. Ne ho abbastanza. Faremo la partita stasera. Ma voglio che ogni persona qui, ogni persona che mi ascolta, pensi a suo figlio o nipote, madre o padre, sorella, fratello: come ti sentiresti se ti succedesse questo oggi? Cinquanta senatori a Washington ci terranno in ostaggio.

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