Francesco Aquila, 35 anni, pugliese di nascita trasferitosi in Romagna con i suoi quando aveva solo 4 anni. Ha trionfato alla decima edizione di Masterchef Italia, prodotta tra l’estate e l’autunno scorsi, ma solo da giovedì 4 marzo ha potuto gridare anche fuori dalla cucina tutta la sua gioia. Un segreto tenuto per diverse settimane, prima che la messa in onda dell’ultima puntata gli cambiasse la vita.
“E' proprio così, qualcosa di incredibile. Hai voglia di dirlo e voglia di fare, decidere, però, non puoi confidarlo a nessuno. Diciamo che la gioia l'ho tenuta dentro per un bel po', ora si è trasformata in un sogno".
Contrattualmente voi non potete parlare con nessuno di come sono andate le cose perché avete registrato prevalentemente in estate... mentre da giovedì scorso ti è piovuta addosso questa popolarità incredibile...
"Da non credere, non si può spiegare, perché a livello mediatico c'è stato un elevatissimo numero di persone che volevano sapere, vogliono chiederti le curiosità, ti vogliono intervistare, ti vogliono lì presente perché si sono affezionati, è una cosa molto bella questa".
Molti ci avevano preso sulle previsioni, si intuiva che eri il più gettonato avendo fatto un percorso molto regolare....
"E’ vero non ho avuto picchi verso l’alto così come non ho mai rischiato di affondare, cosa successa ad altri ragazzi. Quando si va in guerra, l'importante è rimanere vivo e vincere, tutto il resto non conta".
Sei stato un po’ l'amico di tutti, altro che guerra, c'era finzione scenica o è stato tutto reale ciò che abbiamo visto?
"Dentro la scuola sono nate delle amicizie veramente molto importanti che tutt'oggi continuano, anche se non siamo vicini..."
Anche con Antonio?
"Anche con Antonio, con lui c'era una sana competizione, ma sempre all’insegna della lealtà. Antonio è un ragazzo che sa cucinare, è bravo. Però è apparso come se avesse dell' invidia lanciando quelle frecciatine, ma vi assicuro che era solo sana competizione".
Siete rimasti amici?
“Assolutamente. Anzi, abbiamo anche dei progetti assieme che cercheremo di realizzare a breve".
In finale temevi più la tecnica e la precisione di Antonio o l’estro di Irene?
"Sicuramente l'estro di Irene, aveva vinto le ultime quattro gare e mi son detto: ma vuoi vedere che vince anche la finale? Ed ero un po’ spaventato".
Il dessert ha quindi fatto la differenza...
"Ma anche l'antipasto, soprattutto l'antipasto con prodotti della terra che si trovano in campagna: pomodoro, cetriolo borragine, peperone e formaggio..."
La decima, così come le precedenti edizioni, è stata caratterizzata dalle tante lacrime versate dai concorrenti e non solo, anche da giudici e spettatori a casa. Come mai?
"Sono assolutamente vere, io penso che quando c'è un abbraccio, quando c'è un sorriso, quando c'è una lacrima ed è vera e quel gesto emana delle vibrazioni e queste arrivano al telespettatore, o sei un attore professionista oppure, non me lo so spiegare. Quando è stato eliminato Edwuard, quella scena lì è durata 40 minuti perché era partito un pianto pazzesco e quello non è mica finzione. E' sentimento".
Hai immaginato come sarebbe stata la tua eventuale uscita dalla cucina?
"Non c'ho mai pensato a questo perché ero veramente molto determinato e guardavo solo il mio obiettivo, la mia montagna. Faccio sempre l'esempio della montagna dove andare a piantare la mia bandierina".
Non ti sei demoralizzato neanche quando sei stato escluso dalla cucina di Masterchef al primo tentativo...
"Sì, nel 2015. Avevo preparato un piatto a casa, l'ho portato dove si facevano i casting e mi avevano detto: le faremo sapere, grazie e arrivederci. Rimasi talmente male quando trascorso un mese non ricevetti alcuna risposta. Tanta delusione che mi spinse a riprovare fino a quando, la scorsa primavera, ho mandato la candidatura alla decima edizione. Cinque anni dopo.
E adesso da maitre a chef... puoi così avere una visione periferica sull’attività che vorrai aprire...
"E’ un mondo unico, sala o cucina, non c'è competizione o rivalità perché tutti devono combattere per lo stesso motivo: far stare bene il cliente, fargli vivere un'esperienza e coccolarlo".
Affinché il tuo sogno si realizzi completamente, cosa deve succedere adesso?
"Ci sono tantissimi progetti in ballo, adesso devo solamente aspettare e fare la scelta giusta. Non è il momento più opportuno per aprire un’attività ma ci sto lavorando e non posso anticipare nulla ancora".
Stai continuando a studiare piatti nuovi, stai continuando a fare pratica?
"Per il momento no, perché sono dietro ad un’intensa attività di comunicazione e tra social e interviste non ho avuto ancora tempo di accendere i fornelli. L'11 marzo uscirà anche il mio libro che si intitola My way".
Il tuo cognome è ormai diventato un marchio di fabbrica, a giudicare dalla copertina...
"E’ come essere tornati ai tempi della scuola quando ci si chiamava per cognome. Ora la gente mi ferma e mi chiede: perché Aquila? E io dico: guarda, perché è il mio cognome. E mi sento rispondere: ah io pensavo fosse un soprannome".
Nato ad Altamura 35 anni fa, come se finito in Romagna?
"Ad Altamura solo perché c’è l'ospedale più vicino, ma io sono di Gravina di Puglia dove ho vissuto fino a quattro anni, poi i miei si sono trasferiti a Bellaria Igea Marina ed hanno sempre lavorato negli alberghi. Quando avevo 14 anni mi hanno detto: vieni a lavorare con noi e impara il mestiere. C'era bisogno di guadagnare ma lo hanno fatto soprattutto per garantirmi un futuro.
Non hai perso occasione durante Masterchef per ringraziare i tuoi e sperare un giorno di poter ricambiare. E’ arrivato il momento?
"Certamente, non so esattamente ancora come, ma quando aprirò un’attività potrei farla gestire a loro".
E la tua bimba di 4 anni? Non vivi sempre con lei, ma hai un rapporto molto forte a giudicare da quanto è emerso durante le puntate...
"Penso che un sorriso, un abbraccio abbiano un valore immenso, son cose che non puoi comprare e quindi quando ti viene che ti getta le braccia al collo e ti dice qualcosa di carino sia impagabile. Ho un rapporto bellissimo, io penso molto che non è la quantità di tempo che passi con una persona ma è la qualità del tempo".
Francesco, in questo momento hai tutti i riflettori accesi su di te, stai vivendo un grande momento, hai messo in conto che tutto possa finire?
"Assolutamente, infatti già in questo periodo oltre le mille interviste, gli autografi e i libri mi ritaglio sempre lo spazio per pensare a ciò che voglio fare. Già sto costruendo una casa, passami il termine, perché tanto so che prima o poi dovrò andare in quella casa, ma parlo ovviamente di cucina.
Sicilia e Calabria, dal punto di vista culinario, cosa ti suscitano?
"Sono innamorato di queste terre anche se non ci sono mai stato. Un amore trasmesso dalle persone che ho conosciuto, compressa Daiana che è di Catania, una persona adorabile che mi trasmette tanti valori e la passione per la cucina e dei suoi piatti tipici. Non vedo l'ora di venire al Sud per gustare il cous cous con le melanzane ed andare in quei posticini di cui mi hanno parlato che si chiamano “rusti e mancia”.
Se non avessi partecipato e vinto a Masterchef, cosa avresti fatto?
"Avrei continuato a insegnare alla scuola alberghiera di Riccione, avrei fatto la stagione come maitre in un hotel".
Una curiosità: sei uno chef per una cucina stellata o per un ristorante di buon livello ma alla portata di tutti?
"Sto pensando ad un ristorante-enoteca, dove si può degustare un buon drink che può essere un cocktail o un vino, abbinandolo magari al food. Io penso che la cucina debba essere per tutti, non deve essere solo per alcuni. Prezzo alla portata di tutti, se però determinati piatti vengono realizzati con materie prime di grande pregio, è chiaro che il prezzo debba essere leggermente superiore".
Insomma, non un ristorante come quelli gestiti da Barbieri, Cannavacciuolo e Locatelli?
"Proprio no, perché so cosa c'è dietro. C’è tanta esperienza, tanti sacrifici. Non aspiro a diventare uno chef stellato come loro, bisogna restare coi piedi per terra. Il tempo mi dirà dove posso arrivare".
Non ci resta che scoprire dove venire a gustare i tuoi piatti...
"Vi farò sapere tutto, ma potrebbero essere tanti i punti dislocati sul territorio italiano. Visto che sogniamo, almeno sogniamo in grande...no?
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