«A un certo punto della mia vita mio padre era diventato come un nemico, perché era sempre rigido, severo, ma alla fine è stato lui la base di un’educazione che mi ha imposto di non arrendermi mai, di non mollare, di andare sempre oltre. A volte si hanno problemi con i genitori, ma poi ci si accorge di loro quando non ci sono più». Così oggi Roberto Baggio parla visibilmente commosso del padre Florindo, scomparso l'anno scorso.
L’occasione è l’incontro stampa in remoto de IL DIVIN CODINO di Letizia Lamartire, biopic sulla sua carriera targata Netflix, in associazione con Mediaset, che sarà disponibile sulla piattaforma dal 26 maggio. Un incontro stampa in cui il campione racconta anche del famoso rigore dei mondiali 1994, di karma, buddismo, codino e potere della volontà. IL DIVIN CODINO, con il soggetto e la sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, mette in scena, con i giusti tempi drammaturgici e tanta musica, i 22 anni di vita agonistica di un campione di calcio "anomalo" come è stato Baggio, anche sulle note di "L'uomo dietro il campione" di Diodato. E proprio come indica il titolo della canzone, mette in scena la vita privata, familiare, di Baggio (interpretato da un credibilissimo Andrea Arcangeli), soprattutto il rapporto con un padre burbero che doveva gestire, insieme alla moglie Matilde, una famiglia composta da otto figli.
Si parte dagli esordi di Baggio nelle fila del Lanerossi Vicenza, passando poi al controverso calcio di rigore della finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia e Brasile, fino al mondiale mancato del 1998. E ancora i suoi terribili incidenti, l'amore e odio con i tifosi e con gli allenatori (con il sospetto che gli facessero ombra) e, non ultimo, la sua adesione al buddhismo della Soka Gakkai nel 1988. Dice Baggio sul rigore sbagliato ai Mondiali 1994: «E' un’esperienza che non ho mai archiviato davvero e che mi porterò sempre dentro. È vero, altri hanno sbagliato rigori prima di me, ma sono stato io a dare il colpo finale. E poi vincere il mondiale è una cosa che avevo sognato per milioni di notti».
Riguardo al fatto che, come una maledizione, si sia spesso infortunato alla vigilia di grandi appuntamenti, spiega: «È un po' il mio karma, quello di combattere le cose che desidero. All’inizio non avevo armi contro questo, ma poi è arrivato il buddhismo. Oggi so che è la missione della mia vita, una cosa che devo combattere». Sulla nascita del codino dice poi: «E' nato durante i mondiali del 1994 in America. In hotel c'era una cameriera di colore con delle treccine stupende. A un certo punto, visto che le ammiravo tanto, mi disse: perché non te le fai anche tu? Dopo due ore era lì che mi faceva le treccine».
Nel film Netflix manca una sua squadra di riferimento come la Juventus: «È vero - ammette - ma perché tutto è basato sul mio rapporto con la Nazionale. Non voglio affatto dimenticare tutte le squadre con cui ho avuto l’onore di giocare: sono state tutte importanti e a tutte loro devo dire grazie». Infine, sul valore della volontà: «È una cosa che devo a mio padre. Ho scoperto tardi che nella vita si guarda solo all’atto finale, poi capisci che tutti ciò che hai fatto che ti porta davvero all’obiettivo». Il Divin Codino è stato girato in gran parte in Trentino, con il sostegno della Trentino Film Commission, coinvolgendo un gran numero di professionisti e personale locale nella realizzazione del progetto. Inoltre ha ottenuto la certificazione Green Film, grazie a una serie di comportamenti ecosostenibili sul set, destinati a ridurre l’impatto ambientale sul territorio.
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