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Putin: su Assad
decidano i siriani

"Sono i siriani che devono decidere il destino di Assad": lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, nel corso della conferenza stampa tenuta alla fine del G20 a Los Cabos, in Messico, sottolineando come su questo "restano differenze con altri Paesi".

La situazione in Siria è divenuta troppo pericolosa per i 300 osservatori dell'Onu, che solo nell'ultima settimana sono stati presi di mira con armi da fuoco almeno una decina di volte: lo ha detto il capo della missione Onu in Siria (Unsmis), il generale norvegese Robert Mood, durante una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui ha inoltre sottolineato che la violenza, invece di diminuire, "é in aumento". Quasi allo stesso tempo, il presidente americano Barack Obama ha chiesto al presidente cinese Hu Jintao la collaborazione della Cina per fermare il bagno di sangue, così come aveva fatto ieri con la Russia incontrando, sempre in Messico a margine del G20, il presidente russo Vladimir Putin. "Negli ultimi otto giorni gli osservatori della missione Onu hanno subito dieci attacchi diretti, 100 incidenti di 'fuoco indiretto', e 9 veicoli delle Nazioni Unite sono stati danneggiati o colpiti", ha detto il generale Mood, secondo quanto hanno riferito fonti diplomatiche nel Palazzo di Vetro, aggiungendo che gli atti di ostilità nei confronti della missione Unsmis, che in questo quadro è stata sospesa quattro giorni fa, si sono ripetuti quotidianamente.

Il vice rappresentante russo Igor Pankin - il cui Paese assieme alla Cina ha già bloccato due risoluzioni Onu sul conflitto in Siria - ha preso atto delle dichiarazioni del generale Mood, ha anche espresso rammarico per il fatto che la decisione di sospendere la missione degli osservatori sia stata presa senza consultare il Consiglio di Sicurezza. Pankin ha inoltre sottolineato che il regime di Bashar al Assad non è l'unico responsabile della violenza che in 15 mesi ha causato la morte di oltre 14.400 persone. Il generale ha tuttavia affermato, secondo le medesime fonti, che l'uso di artiglieria e armi pesanti lascia pochi dubbi su chi sia stato responsabile degli ultimi massacri. Egli ha inoltre precisato che "sospendere le operazioni in Siria non è stato un gesto politico" e ha affermato che in assenza di un impegno sul rispetto del piano Annan la prosecuzione dei compiti di Unsmis sarà limitata, ma ciò non significa abbandonare la popolazione, verso cui, ha detto, "abbiamo un obbligo morale". In questa situazione la capacità degli osservatori Onu di svolgere il proprio mandato è minima. "Siamo in Siria per risolvere una situazione che non può essere risolta con la forza", ha detto ancora il Generale ai Quindici. "Il piano Annan rimane il punto di riferimento per risolvere la crisi, ma le condizioni sul territorio hanno imposto di sospendere le attività della missione Onu", ha detto dal canto suo il capo delle operazioni di pace delle Nazioni Unite, Herve Ladsous. Il lavoro degli osservatori ha portato alcuni risultati positivi, ma non in questo momento, a causa dell'escalation di violenza. "Tuttavia - ha continuato - abbiamo deciso di non modificare il mandato degli osservatori sino al termine dei tre mesi previsti, che scadranno il 20 luglio. Ora dobbiamo pensare a quali saranno i passi successivi".

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