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Vertice a 4 per salvare l'euro

Al vertice a Bruxelles del 28 e 29 giugno è in gioco l'Europa, perché in caso di risposta debole davanti alla crisi si avrebbe non solo un "accanimento speculativo anche verso Paesi meno deboli, come l'Italia", ma ci sarebbe la possibilità di rigetto nei confronti dell'Europa stessa, rischio che si intravede "persino nel nostro Parlamento". Lo dice il presidente del Consiglio Mario Monti intervistato dalla Stampa e da altri cinque giornali europei (Le Monde, Süddeutsche Zeitung, El Pais, The Guardian e Gazeta Wyborcza). Al vertice Ue di fine giugno, precisa il premier, occorrono due cose: una "prospettiva di medio termine di rafforzamento dell' integrazione" e "un insieme di misure realizzabili", misure, sottolinea, "più efficaci per dare stabilità finanziaria all'eurozona.

 

E questo passa attraverso una più piena unione bancaria, con avanzamenti per quanto riguarda la vigilanza, la supervisione integrata, se possibile unitaria. Passa attraverso la garanzia sui depositi. Passa per nuovi meccanismi che siano in grado di fare ponte con i paesi che hanno adottato seriamente gli impegni delle regole comunitarie, li hanno realizzati e che tuttavia scontano una certa inerzia e diffidenza". Nel giorno del vertice a Roma con Merkel, Hollande e Rajoy, il premier italiano sottolinea che "l'accordo" tra Francia e Germania "é condizione necessaria per i progressi dell'Ue", ma è anche "sempre meno una condizione sufficiente". Per l'Italia, aggiunge, "nel giro di sette mesi", in particolare dalla 'convocazione' a Cannes, "le cose sono migliorate": "Naturalmente - afferma Monti - abbiamo ancora tantissima strada da fare, ma è incoraggiante che la voce dell'Italia venga ricercata ed ascoltata".

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Se oggi a Roma non si riusciranno a smussare gli spigoli, difficilmente il vertice del 28 e 29 giugno a Bruxelles potrà essere all'altezza delle sue aspettative: un summit cruciale per salvare l'euro e rilanciare l'Unione. Italia, Francia, Germania e Spagna dovranno riuscire in un difficile lavoro di bilanciamento tra interessi nazionali, politici ed economici, per spianare la strada all'assunzione di quelle misure "concrete" e, soprattutto, "a lungo termine" sulla crescita, necessarie per placare i mercati e frenare gli spread. Ma i nodi che a villa Madama dovranno sciogliere - o perlomeno cercare di allentare - il premier Mario Monti, il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier spagnolo Mariano Rajoy, in una quadrilaterale con pochi precedenti dopo il lungo dominio 'Merkozy', davvero non sono pochi.

A cominciare dalla proposta lanciata dallo stesso Monti sull'uso dei fondi salva Stati per creare uno scudo in grado di tenere a freno gli spread, sulla quale ieri il Financial Times Deutschland ha rivelato nuovi dettagli. Secondo il giornale tedesco, che cita "due fonti europee di alto livello", il professore avrebbe pensato non ad un acquisto diretto da parte dell'Efsf-Esm sul mercato secondario dei titoli, bensì ad un intervento della Bce per comprare i bond dei Paesi in difficoltà su mandato del fondo salva Stati, aggirando così le 'condizioni' poste dai regolamenti previsti dai Fondi. Da Palazzo Chigi non è arrivato nessun commento, ma la proposta lanciata da Monti al G20 sull'uso dell'Efsf prima e dell'Esm poi per l'acquisto dei bond potrebbe essere il terreno dal quale far partire la mediazione. Come ha intuito anche la stessa cancelliera che, accanto all'iniziale reazione di freddezza, ha fatto trapelare anche qualche ufficioso segnale di apertura. Del resto qualcosa bisognerà cedere.

E non solo da parte tedesca. Non è un caso che frau Merkel, prima di un G20 nel quale sapeva si sarebbe trovata in clamorosa minoranza, ha annunciato che si presenterà a Bruxelles con in tasca un piano per far avanzare il processo di unione politica europea. Progetto finora frenato dai Paesi più restii a cedere pezzi di sovranità nazionale, Francia in testa. Un passo indietro di Parigi su questo tema, sul quale Monti si è già detto favorevole, potrebbe corrispondere ad un ammorbidimento tedesco su altri dossier. Se di eurobond in tempi brevi ormai non parla più neppure Hollande, di fronte ad una concessione sulla sovranità nazionale i Paesi interessati alla condivisione dei debiti potrebbero forse riportare sul tavolo almeno i 'fratelli minori', come li ha definiti Berlino, e cioé gli eurobill, i titoli a breve termine garantiti dalla Ue. Una partita a scacchi, quella tra Merkel, Monti, Hollande e Rajoy, che si giocherà anche sul progetto di unione bancaria (al quale sta lavorando il 'quartetto Ue' formato da Consiglio, Bce, Commissione e Eurogruppo). Un progetto caro alla Francia e all'Italia - che preferisce parlare di unione finanziaria - ma che la Germania vincola ad una compiuta unione politica e fiscale. Quel che è certo è che tutti hanno bisogno di portare a casa risultati concreti.

Al Professore mediare non basta più, questa volta ha bisogno di fatti per scacciare lo spettro che sia l'Italia il prossimo Paese a cedere dopo la Spagna. Ma anche e soprattutto per placare non tanto le turbolenze dei mercati, quanto quelle della coalizione che lo sostiene. Hollande, dopo la strepitosa vittoria dei socialisti alle legislative, deve dimostrare di essere all'altezza della situazione, la Merkel è ansiosa di dimostrare le ragioni del "Paese motore della crescita", ma deve trovare il modo di uscire dall'angolo. Mentre Rajoy, che è riuscito in extremis ad evitare il 'commissariamento', strappando un salvataggio ad hoc per le banche, è alla forte ricerca di un ruolo compiuto nella nuova Ue ridisegnata dalle elezioni.

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