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Amy Winehouse
ricordata dal padre
a un anno dalla morte

A un anno di distanza dalla morte improvvisa di Amy Winehouse ciò che rimane è il ricordo di una voce unica e straordinaria, il dolore della famiglia e dei milioni di fan, l’amarezza per una vita spezzata troppo presto da alcol e droghe. Amy, la maledetta Amy, l’inafferrabile Amy, l'eccentrica Amy, il 23 luglio 2011, quando il suo corpo senza vita è stato trovato nella sua casa di Londra, è entrata nel mito. A 27 anni, età nefasta per i grandi della musica: come Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain.
A un anno di distanza, un libro scritto da Mitch Winehouse, padre e confidente di Amy, restituisce un ritratto intimo della popstar osannata in tutto il mondo. 'Amy – mia figlià (edito da Bompiani) racconta il suo lato più riservato, la sua doppia anima: da un lato la giovane che dalla periferia di Londra ha raggiunto successi e fama mondiale, dall’altro la donna tormentata che non è riuscita a combattere i suoi demoni interiori, dai quali è stata sopraffatta.
«Ho sentito il bisogno di scrivere questo libro – scrive Mitch Winehouse nell’introduzione del libro -. Ho sentito il bisogno di narrare la vera storia della vita di Amy. La vita troppo breve di Amy è stata una corsa sulle montagne russe; vi racconterò tutto quello che so. Oltre a essere suo padre, ero anche suo amico, confidente e consigliere. Per Amy, ero il porto nella tempesta; per me, insieme a suo fratello Alex, Amy era la luce della mia vita».
Attraverso testimonianze inedite e ricordi personali, prende forma il ritratto di una persona dolce e fragile allo stesso tempo, passata attraverso gli anni turbolenti dell’adolescenza per arrivare ai primi successi e approdare poi a una carriera folgorante, fino ai giorni più difficili della lotta contro le dipendenze. Entrata e uscita più volte da centri di disintossicazione, la controversa artista, che cantava come se fosse cresciuta nella profonda America mescolando le sue origini british con la grande tradizione di Aretha, Ruth Brown, Dinah Washington, ha fatto parlare di sè e del suo talento tanto quanto dei suoi eccessi. Solo un mese prima della sua morte, nell’ultimo concerto che aveva tenuto a Belgrado il 18 giugno, si era presentata sul palco barcollante e strafatta, tanto ubriaca da non riuscire a cantare e stare in piedi. Aveva lasciato il palcoscenico tra i fischi e la rabbia del pubblico e i video impietosi della sua performance avevano fatto il giro del mondo. Un triste prologo di quanto sarebbe accaduto solo poche settimane dopo.
Una carriera durata troppo poco la sua, con solo due album all’attivo, 'Frank', del 2003, e 'Back to Black' del 2006, e una grande hit 'Rehab', nella quale l’eco dei suoi 'no, no, nò alla disintossicazione riecheggia tristemente ancora oggi.

A un anno di distanza dalla morte improvvisa di Amy Winehouse ciò che rimane è il ricordo di una voce unica e straordinaria, il dolore della famiglia e dei milioni di fan, l’amarezza per una vita spezzata troppo presto da alcol e droghe. Amy, la maledetta Amy, l’inafferrabile Amy, l'eccentrica Amy, il 23 luglio 2011, quando il suo corpo senza vita è stato trovato nella sua casa di Londra, è entrata nel mito. A 27 anni, età nefasta per i grandi della musica: come Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain.A un anno di distanza, un libro scritto da Mitch Winehouse, padre e confidente di Amy, restituisce un ritratto intimo della popstar osannata in tutto il mondo.

"Amy – mia figlia" (edito da Bompiani) racconta il suo lato più riservato, la sua doppia anima: da un lato la giovane che dalla periferia di Londra ha raggiunto successi e fama mondiale, dall’altro la donna tormentata che non è riuscita a combattere i suoi demoni interiori, dai quali è stata sopraffatta.«Ho sentito il bisogno di scrivere questo libro – scrive Mitch Winehouse nell’introduzione del libro -. Ho sentito il bisogno di narrare la vera storia della vita di Amy. La vita troppo breve di Amy è stata una corsa sulle montagne russe; vi racconterò tutto quello che so. Oltre a essere suo padre, ero anche suo amico, confidente e consigliere. Per Amy, ero il porto nella tempesta; per me, insieme a suo fratello Alex, Amy era la luce della mia vita».

Attraverso testimonianze inedite e ricordi personali, prende forma il ritratto di una persona dolce e fragile allo stesso tempo, passata attraverso gli anni turbolenti dell’adolescenza per arrivare ai primi successi e approdare poi a una carriera folgorante, fino ai giorni più difficili della lotta contro le dipendenze. Entrata e uscita più volte da centri di disintossicazione, la controversa artista, che cantava come se fosse cresciuta nella profonda America mescolando le sue origini british con la grande tradizione di Aretha, Ruth Brown, Dinah Washington, ha fatto parlare di sè e del suo talento tanto quanto dei suoi eccessi. 

Solo un mese prima della sua morte, nell’ultimo concerto che aveva tenuto a Belgrado il 18 giugno, si era presentata sul palco barcollante e strafatta, tanto ubriaca da non riuscire a cantare e stare in piedi. Aveva lasciato il palcoscenico tra i fischi e la rabbia del pubblico e i video impietosi della sua performance avevano fatto il giro del mondo. Un triste prologo di quanto sarebbe accaduto solo poche settimane dopo.Una carriera durata troppo poco la sua, con solo due album all’attivo, 'Frank', del 2003, e 'Back to Black' del 2006, e una grande hit 'Rehab', nella quale l’eco dei suoi 'no, no, nò alla disintossicazione riecheggia tristemente ancora oggi.

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