di Anna Mallamo
E' morta giovane, giovanissima, Rita Levi Montalcini. Con la mente agile e appassionata, esercitata ogni giorno ma mai astratta dalla realtà, mai chiusa in qualche “laboratorio d'avorio”, anzi apertissima sul mondo, e sulle sue parti più fragili e sofferenti, a cui si dedicava con lo stesso slancio che metteva nei suoi studi. D'altronde, la scienza serve a comprendere la vita e renderla migliore. Come la politica: due facce dello stesso impegno, se la cura della “polis” è come la cura dei corpi e delle anime.
Così la fragile, antica e giovanissima signora – sempre di eleganza impeccabile e di una finezza mai fredda ma percorsa dal brillio d'un'intelligenza vivida e anticonformista – ha dato a generazioni intere una lezione magnifica. Perché le uniche lezioni che valgano sono quelle sostenute dall'esempio. Un esempio di resistenza umana e civile, di passione e coraggio, di perseveranza e impegno.
I tagli alla ricerca, la volgarità del mondo (soprattutto politico), l'impoverimento della vita civile, il furto di futuro, la fuga dei cervelli – tutti i nostri mali peggiori e attuali – li vedeva benissimo, da quella sua ascetica cameretta. E conosceva un solo modo di combatterli: lavorare, studiare, opporre l'intelligenza e la passione al male, al dolore, alla stupidità del mondo. Una cosa che sanno fare così solo i veri “giovani”.