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Cnr: non è prevedibile
evoluzione dei terremoti

 

Non ci sono elementi per prevedere l'evoluzione della situazione dopo il terremoto in Sicilia, nell'area dei Monti Nebrodi: "non si comprende se si è giunti alla rottura finale della faglia o se il fenomeno è ancora in evoluzione", ha osservato il geologo Carlo Tansi, dell'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). "Negli ultimi anni - ha aggiunto - si sta assistendo ad una recrudescenza della sismicità in tutta Italia, con un chiaro incremento lungo la fascia di contatto fra la placca africana e quella europea". E' una zona molto estesa e dall'andamento curvilineo, ha spiegato, che si estende dalla provincia di Messina all'intera Calabria e al Pollino, percorre parte dell'Appennino fino alla zona dell'Aquila e alla Pianura Padana. In tutta quest'area la placca africana e quella euro-asiatica si avvicinano alla velocità media di 7 millimetri l'anno: "elevatissima dal punto di vista geologico". Lungo quest'area le rocce si deformano e si rompono lungo le faglie, dando origine a terremoti anche violenti. A questi terremoti superficiali, prosegue il geologo, si sommano i terremoti molto profondi (fino a 700 chilometri), dovuti allo scivolamento della placca africana sotto quella europea.
Altre cinque scosse di magnitudo compresa fra 2.0 e 2.2 sono state registrate nella zona dei Monti Nebrodi, al confine fra le province di Messina e Catania, dopo quella di magnitudo 4.3 delle ore 8.50 che è stata avvertita dalla popolazione. L'ultima replica è stata registrata dai sismografi dell'Ingv alle 10.23. Dalla centrale operativa della Protezione Civile regionale, che ha fatto scattare le procedure di controllo previste in questi casi, confermano che non si registrano fino ad ora danni a persone o cose.
L'area colpita dal terremoto di magnitudo avvenuto alle 8,50 in Sicilia è quella dei Monti Nebrodi: "una zona sismica, nella quale terremoti di magnitudo compresa fra 4 e 4,5 non sono certamente una sorpresa", ha osservato il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta. "A partire dal 31 dicembre – ha aggiunto – il terremoto è stata preceduto da scosse percepite a livello strumentale, di magnitudo intorno a 1, ed è stato seguito da alcune repliche di magnitudo inferiore a 3". Sulla base della carta di pericolosità, ha proseguito Gresta, il terremoto è avvenuto in una zona nella quale "lo scuotimento del suolo previsto è compreso fra 0,15 e 0, 175: non altissimo, quindi, ma nemmeno tra i più bassi". A spiegare la sismicità dell'area colpita dal sisma è, secondo i geologi, il fatto che l'area dei Monti Nebrodi potrebbe essere la zona di contatto tra la placca africana, che spinge verso Nord-Est, e la placca Euro-asiatica.
La prima scossa alle isole Lipari all'una di notte di magnitudo 2.4. L'ultima alle 10.12 sui Nebrodi. Da stamane la terra in Sicilia Nord orientale, anche nelle profondità marine, in zone dove le scosse lievi sono all' ordine del giorno, trema senza provocare danni o feriti ma scatenando un po' di paura in comuni tra Messina e Catania come Cesarò, San Teodoro, Maniace dove la gente è anche scesa per strada. Il sisma di più alto grado 4.3 è stato registrato alle 8.50 sui Nebrodi ad una profondità di 10, 1 km seguito da sei scosse di magnitudo 2-2.5. I terremoti in queste zone, compresi anche i golfi di Patti e Milazzo dove una scossa di magnitudo 2.4 è stata registrata alle 4,36 di stamane, sono segnati sulla mappa dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ogni giorno: nella zona vi sono anche i vulcani attivi delle Eolie e l'Etna. Ieri 4 scosse sono state registrate alle Eolie, a largo di Ustica, una a sud della costa agrigentina. Dal 6 dicembre ad oggi l'Ingv ha registrato 34 scosse nel territorio o nel mare siciliano.

Non ci sono elementi per prevedere l'evoluzione della situazione dopo il terremoto in Sicilia, nell'area dei Monti Nebrodi: "non si comprende se si è giunti alla rottura finale della faglia o se il fenomeno è ancora in evoluzione", ha osservato il geologo Carlo Tansi, dell'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).

 

 "Negli ultimi anni - ha aggiunto - si sta assistendo ad una recrudescenza della sismicità in tutta Italia, con un chiaro incremento lungo la fascia di contatto fra la placca africana e quella europea". E' una zona molto estesa e dall'andamento curvilineo, ha spiegato, che si estende dalla provincia di Messina all'intera Calabria e al Pollino, percorre parte dell'Appennino fino alla zona dell'Aquila e alla Pianura Padana. In tutta quest'area la placca africana e quella euro-asiatica si avvicinano alla velocità media di 7 millimetri l'anno: "elevatissima dal punto di vista geologico". Lungo quest'area le rocce si deformano e si rompono lungo le faglie, dando origine a terremoti anche violenti. A questi terremoti superficiali, prosegue il geologo, si sommano i terremoti molto profondi (fino a 700 chilometri), dovuti allo scivolamento della placca africana sotto quella europea.

L'area colpita dal terremoto di magnitudo avvenuto alle 8,50 in Sicilia è quella dei Monti Nebrodi: "una zona sismica, nella quale terremoti di magnitudo compresa fra 4 e 4,5 non sono certamente una sorpresa", ha osservato il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta. "A partire dal 31 dicembre – ha aggiunto – il terremoto è stata preceduto da scosse percepite a livello strumentale, di magnitudo intorno a 1, ed è stato seguito da alcune repliche di magnitudo inferiore a 3". Sulla base della carta di pericolosità, ha proseguito Gresta, il terremoto è avvenuto in una zona nella quale "lo scuotimento del suolo previsto è compreso fra 0,15 e 0, 175: non altissimo, quindi, ma nemmeno tra i più bassi". A spiegare la sismicità dell'area colpita dal sisma è, secondo i geologi, il fatto che l'area dei Monti Nebrodi potrebbe essere la zona di contatto tra la placca africana, che spinge verso Nord-Est, e la placca Euro-asiatica.

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