Non c'e niente di male, almeno niente di penalmente rilevante, se il marito aiuta la moglie - in una attività svolta di "comune accordo", con "comune intraprendenza" - a gestire il traffico di immagini hard della consorte verso clienti contattati in chat che pagano foto, filmini e videochiamate, con ricariche telefoniche. Lo ha constatato la Cassazione accogliendo il ricorso di un marito, Giuseppe V., al quale la Procura di Sondrio aveva sequestrato dei conti correnti e vari telefonini ritenendo che agevolasse la prostituzione della sua dolce metà. All'uomo, il pm contestava di "aver attivato numerosissime utenze telefoniche sulle quali confluivano, sotto forma di ricariche telefoniche, i proventi di tale meretricio che si sostanziava nella realizzazione di immagini hard che venivano inviate a clienti individuati, anche grazie ad attività di ricerca effettuata dallo stesso Giuseppe V., che aveva spinto i clienti a chattare con la moglie e a richiedere le predette immagini". Contro il sequestro, il marito ha reclamato in Cassazione facendo presente che lui e la moglie "sono in regime di comunione dei beni e sono cointestatari dei conti su cui confluivano i ricavi di una attività che la donna svolgeva in assoluta libertà, non essendo emersa alcuna prova di coartazione". I supremi giudici non hanno potuto che dargli ragione dal momento che - scrivono nella sentenza 1164 - "non é emersa nessuna forma di coazione o semplicemente induzione da parte del marito nei confronti della moglie, bensì esattamente il contrario, vale a dire una comune intraprendenza nell'avviare i contatti sulle chat-lines". In proposito, la Cassazione osserva che dalle carte giudiziarie della vicenda risulta che "ciascuno dei coniugi, dopo aver attivato un nickname su una chat on-line, inviava messaggi con cui faceva intendere di essere una donna interessata a contattare uomini per scambiare foto e filmati a contenuto erotico-pornografico e per organizzare incontri; una volta ricontattati da persone presenti sulla chat-line, i due, all'inizio si limitavano a conversare, per poi esplicitamente richiedere ricariche telefoniche in cambio dell'invio di immagini e film hard". Alla Cassazione non è rimasto che prendere atto "senza ulteriori commenti, della lucrosa, ma non illecita (per lo meno non nei termini di favoreggiamento) attività posta in essere da Giuseppe V., di intesa e con la collaborazione della moglie".
Caricamento commenti
Commenta la notizia