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I sofisticati
autovelox non
venivano segnalati

Si terrà il mese prossimo la nuova udienza del processo chiamato a far luce sull’usoe forse sull’abuso...degli autovelox a postazione mobile utilizzati negli anni scorsi da alcuni Comuni che s’affacciano lungo la Statale Ss 18. Nel corso dell’ultima udienza sono stati ascoltati i primi testimoni, tra cui il luogotenente dei carabinieri Antonio Nappi che coordinò le indagini. Chi manovrava questi sofisticati strumenti, ha spiegato il sottufficiale, non esponeva la necessaria segnalazione di quanto stava accadendo, cioè che si stava rilevando la velocità dei veicoli in transito. Il primo a ricorrere alla rilevazione elettronica della velocità fu il Comune di Longobardi con l’allora sindaco Aurelio Garritano. Quest’ultimo decise di utilizzare il nuovo metodo di controllo e repressione alla luce dei molti incidenti stradali, alcuni anche mortali, verificatisi lungo la Statale 18. Gli autovelox raggiunsero l’obiettivo prefissato. Lo stesso Garritano, nel corso di alcuni incontri, affermò la netta diminuzione dei sinistri ma anche l’aumento degl’introiti nelle casse comunali. La stessa strada, su suggerimento delle aziende private che erogavano questo servizio per conto degli enti municipali, venne seguita anche da altri Comuni costieri, quali Fiumefreddo Bruzio e Belmonte Calabro (solo per quanto riguarda il Basso Tirreno cosentino). La percorrenza della Ss 18 tra Amantea e Paola, con limite di velocità fissato a 50 chilometri orari, divenne di fatto insostenibile. Dal punto di vista della sicurezza tutto era a posto ma per quanto riguardava la viabilità le problematiche non tardarono ad evidenziarsi. Anche la macchina della giustizia ne rimase coinvolta... I trasgressori, che vedevano recapitarsi a casa multe e verbali per aver superato anche di qualche chilometro il limite fissato, non ebbero esitazioni a rivolgersi alla magistratura che di fatto avviò le indagini in merito. In poco tempo vennero sequestrati più di cinquemila verbali, oltre a sette autovelox e altrettante autovetture che venivano utilizzate per i rilevamenti elettronici. I carabinieri sequestrarono anche la documentazione relativa agli affidamenti del servizio alle ditte che, naturalmente, incassavano una copiosa percentuale su ogni multa pagata. La conclusione delle indagini portò alla contestazione di reato per truffa e abuso d’ufficio di nove persone: Francesco Emiliano Lio (46 anni) di Rende, Sergio Chiappetta (57) di San Fili, Gianfranco Chiappetta (55) di San Fili, Francesco Egidio Magnone (55) di Belmonte Calabro, Francesco Scilinguo (56) di Longobardi, Rocco Chilelli (57) di Longobardi, Vincenzo Aloise (44) di Fiumefreddo Bruzio, Carmine Petrungaro (63) di Fiumefreddo Bruzio e Settimia Sorace (43) di Paola. Secondo le ipotesi dell’accusa l’impresa titolare del servizio, la “Speed control”, avrebbe effettuato le rilevazioni di velocità senza l’uso di segnalazioni preventive e ben visibili, occultando o non mettendo bene in vista le apparecchiature ed installando gli autovelox su vetture private anziché su auto della polizia municipale. Il lavoro delle forze dell’ordine venne avallato dalla sentenza numero 11131 della Corte di Cassazione. Secondo la Suprema Corte nascondere le apparecchiature di rilevamento della velocità integra la truffa.  

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