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Lizzy, sorella
del nostro cuore

di Anna Mallamo

È verità universalmente riconosciuta che nella vita s’incontrino un numero finito di romanzi capitali e fondativi, che restano anche dopo anni e malgrado i cambiamenti. Ciascuno ha i suoi, ma ce ne sono alcuni davvero universali, sicché non è raro imbattersi, nelle librerie più eterogenee delle donne più eterogenee per età, gusto, formazione ed esperienze, in una copia consunta di “Orgoglio e pregiudizio”. Libro dell’anima e dell’intelligenza (non necessariamente in quest’ordine), e dell’intelligenza e dell’anima femminile come pochi.

Libro di rara libertà, narrativa creativa e intellettuale, tanto più perché scritto in un mondo e in un momento in cui la donna viveva in carceri concentriche, tra ruoli predefiniti da censo e posizione familiare, in una società tra i cui scalini, rigidamente monetizzati (ciascuno dei personaggi è presentato secondo il suo valore sul mercato, minuziosamente espresso in sterline), è possibile muoversi in salita solo per gli avventurieri o le miracolate dal matrimonio.

Sterline e matrimonio sono motori immobili  capaci di reggere tutto un circo di convenzioni e circonvenzioni, dando pochissimo spazio e possibilità alle qualità umane e moltissimo all’avidità, alla grettezza e al conformismo. Davvero indimenticabili sono, infatti – accanto alle Lizzie, alle Emma, alle Elinor – tutti i personaggi ottusi, stolidi, egoisti e vanesi che il talento della Austen tratteggia con acume e gusto infinito: le signore Bennet, i cugini Collins, le zie De Bourgh, le signorine Bingley.

Ma la Austen non si ferma lì: oltre gli ingranaggi spietati e inamovibili di censo e caste, oltre la pochezza umana, le sue eroine domestiche ci mostrano comunque un mondo di emozioni, relazioni, slanci che finisce per prevalere su qualunque miseria.Siamo donne molto diverse da Elisabeth “Lizzy” Bennet: siamo state cresciute per studiare e lavorare e scegliere. Siamo donne molto simili a Lizzy, sotto i nostri corsetti di specie solo diversa. Scoprirla sorella in un libro di duecento anni fa è una gioia. Di quelle che durano. 

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