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Mega confisca da 1,2 mld
a re dell'energia pulita

vito nicastri

I beni confiscati all'imprenditore Vito Nicastri, re delle fonti di energie rinnovabili in Sicilia, su ordine del tribunale di Trapani, che erano stati sequestrati nel settembre 2010, sono 43 tra società e partecipazioni societarie; 98 immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni); 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni); 66 disponibilità finanziarie (rapporti di conto corrente, polizze ramo vita, depositi titoli, carte di credito, carte prepagate e fondi di investimento), per un valore di un miliardo e trecento milioni. Alcuni beni erano intestati a familiari o a persone vicine a Nicastri. Le indagini della Dia avrebbero ricostruito "il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent'anni facendo rilevare l'esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati". Nicastri realizzava e vendeva, chiavi in mano, parchi eolici o fotovoltaici. Secondo l'accusa l'imprenditore era vicino a esponenti mafiosi di varie province: Palermo, Catania, Messina, e aveva avuto contatti con la 'ndrangheta calabrese, in particolare con le 'ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino.

La mega confisca di beni ha riguardato la Sicilia occidentale, la Lombardia, il Lazio e la Calabria. I sigilli sono stati apposti ai patrimoni riconducibili a Vito Nicastri, 57 anni di Alcamo (Trapani), imprenditore leader nel settore della produzione di energia fotovoltaica ed eolica. Nicastri, coinvolto, dicono gli investigatori, in numerose vicende, anche di rilievo penale, si sarebbe "relazionato costantemente con esponenti di Cosa nostrà". Le indagini economico-finanziarie, condotte dalla Dia, hanno consentito, secondo l'accusa, di stabilire che la posizione di vertice nel settore dell'energia alternativa da parte dell'imprenditore è stata acquisita grazie alla "contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata". Nicastri secondo la Direzione investigativa antimafia "attraverso una tumultuosa dinamica degli affari ha intrattenuto rapporti anche con società lussemburghesi, danesi e spagnole". Per gli inquirenti "tale vicinanza ai più noti esponenti mafiosi, ha favorito la sua trasformazione da elettricista a imprenditore specializzato nello sviluppo di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, facendogli assumere una posizione di rilievo nelle regioni del Meridione"

La vicinanza dell'imprenditore con il boss trapanese trova riscontro anche nell'interessamento alle vicende imprenditoriali del "re" dell'eolico da parte dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come testimoniano i "pizzini" scoperti in occasione del loro arresto nel covo di Giardinello (Palermo). Nicastri, che aveva interessi economici anche all'estero, era già stato coinvolto nel passato in alcune inchieste antimafia. In particolare nell'operazione "Eolo", che aveva svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche in provincia di Trapani, la zona controllata proprio da Matteo Messina Denaro. La confisca record dei beni all'imprenditore si aggiunge agli ultimi sequestri della Dia nel trapanese, che mirano a fare "terra bruciata" attorno al superboss. Il provvedimento contiene anche l'applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Nicastri, al quale è stata inflitta la sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza (Alcamo), per la durata di tre anni.

Vito Nicastri, l'imprenditore trapanese delle energie rinnovabili colpito da un provvedimento di confisca beni per un valore di un miliardo e 300 milioni, viene ritenuto dalla Dia vicino a esponenti mafiosi collegati con il boss latitante Matteo Messina Denaro. Nel corso delle indagini sono state riscontrate, inoltre, relazioni con i clan che operano nel messinese e nel catanese ed anche con la 'ndrangheta calabrese, in particolare con le 'ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino

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