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Siria, ora la
Casa Bianca vuole
vederci più chiaro


di Piero Orteca

 

Non sappiamo quanto Obama si sia fatto influenzare dall’ennesimo infortunio in cui sono incappati i suoi “servizi” sull’attentato di Boston. Ma fatto sta che, sebbene le barbefinte della Cia pare abbiano trovato le prove dell’uso di armi chimiche in Siria, lui ha detto, a chiare lettere, di volersi muovere con prudenza. O, meglio, ha fatto capire che aspetta documenti più convincenti. Bashar al Assad avrebbe lanciato (il condizionale è d’obbligo, visto i pasticci che per ora combinano alla Cia) piccoli quantitativi di gas nervino “sarin” contro i ribelli. Sarebbe un salto di qualità disastroso del conflitto e un vero e proprio “casus belli”, che potrebbe obbligare Stati Uniti ed Europa a intervenire. Beh, parliamoci chiaro e a scanso di equivoci: tutta questa voglia di “esportare” la democrazia si è dissolta. Crisi economica, rapporti internazionali a rischio (in prima battuta con l’Iran, ma anche con Russia e Cina) e il clamoroso fallimento delle “Primavere arabe”, che hanno causato più danni di uno tsunami, consigliano una politica di attesa. Jay Carney, dell’Ufficio stampa della Casa Bianca, ha dato una mano di vernice alla presa di posizione del presidente, cercando almeno di salvare la faccia. In sostanza, fanno trapelare dallo Studio Ovale, Obama si ricorda benissimo della “bufala” (la presenza di presunte armi di distruzione di massa) che fece scattare la seconda Guerra del Golfo. Un errore o, meglio, una colossale fandonia per la quale gli americani, a dieci anni di distanza, continuano ancora a pagare un prezzo salato. Ma probabilmente c’è dell’altro. Alla Casa Bianca ci si è resi conto che la patata bollente siriana, come la pigli pigli, rischia di ustionarti. La galassia dei ribelli solleva più di un’inquietudine, perché cresce la presenza di brigate “al Qaida-dipendenti”. E siccome tra i più assatanati guerriglieri all’attacco ci sono proprio quelli di Jabhat al Nusra, ecco spiegato perché gli americani hanno perso il sonno e la pace. Cosa potrebbe ordinare a questo punto Assad? Insomma, per farla breve, anche gli israeliani temono, da un lato, che al Qaida s’impossessi di uno stock di gas “Sarin” e di una sporta di batteri e virus di ogni tipo e, dall’altro, che questi gingilli prendano le strade della Bekaa, in Libano. Dove potrebbero essere già stati trasferiti, con somma urgenza, per armare i razzi e i missili di Hezbollah. Insomma, se al tempo che fu Hillary Clinton disse chiaramente al presidente siriano “di non varcare la linea rossa che delimita l’uso di queste armi, perché le conseguenze sarebbero pesanti”, oggi sullo stesso tema la confusione regna sovrana. Alcuni “strategist” occidentali fanno notare che i siriani, dopo aver dichiarato che non avrebbero mai usato i “nervini” dentro il Paese, hanno invece reiterato le minacce contro i nemici “esterni”. Israele e Turchia in primis. Una politica che sembra più “di rappresaglia” che militare e che puzza molto di ayatollah iraniani. Come se ciò non bastasse, cominciano già a circolare voci inquietanti nell’accampamento americano. Si parla come già detto, del rischio che alcuni di questi mortali gingilli cadano in mano agli uomini di al Qaida, schierati assieme ai ribelli. Sai che capolavoro strategico farebbe la Casa Bianca, se tutto questo dovesse malauguratamente succedere. A quel punto, pensano alcuni degli adviser di Obama, meglio un Assad mezzo tramortito ma ancora sullo stomaco dell’Occidente, piuttosto che un al Zawahiri (o chi per lui, dentro al Qaida) con le saccocce piene di gas nervini e batteri di tutti i tipi.

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