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In Sicilia famiglie
più povere, persi
35mila posti di lavoro

Le famiglie in povertà relativa sono in Sicilia oltre 547.000, il 27,3%. Il dato peggiore tra tutte le regioni italiane. Rispetto al 2010 le famiglie relativamente povere crescono in Sicilia del 2,3%, una dinamica superiore rispetto a quella media nazionale (1,8%). I nuclei in povertà assoluta, invece, sono stimati in 180.000. La quota di persone al di sotto della soglia di povertà relativa è in Sicilia il 32,2% dei residenti, anche in questo caso la peggiore performance a livello regionale, quasi due volte e mezzo la quota media nazionale (13,6%). Secondo quanto emerge da uno studio del Servizio statistico regionale, l’Isola presenta, accanto alla maggior incidenza della povertà, livelli di spesa mediamente più bassi di quelli delle famiglie povere delle altre regioni. Preso in esame anche l’i ndicatore sintetico di deprivazione che rappresenta la quota di famiglie che dichiarano almeno tre delle nove deprivazioni prese a riferimento: non riuscire a sostenere spese impreviste, avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo), non potersi permettere una settimana di ferie lontano da casa, un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, il riscaldamento adeguato dell’a b i t azione, l’acquisto di una lavatrice, o di un televisore a colori, un telefono, un’a u t o m obile. Questo indicatore cattura le difficoltà nell’acquisire beni e servizi considerati “normali”, ed esprime il livello di svantaggio sociale relativo. Il dato siciliano, anche in questo caso risulta il peggiore in assoluto sfiorando addirittura quasi il 50% delle famiglie residenti (47,6%), ben oltre il doppio del dato medio nazionale (22,3%). Diventano così decisivi gli strumenti di sostegno, come le misure di reddito minimo. Stimando per la Sicilia una platea di 180.000 nuclei familiari in povertà assoluta, ottenuta applicando all’Isola l’incidenza di tale fenomeno sulle famiglie del Mezzogiorno (8%), si può prevedere un fabbisogno di 756 milioni di euro all’anno, nella ipotesi di applicazione del reddito minimo adottato dalla Campania (350 euro mensili). «Si tratta di risorse reperibili - si legge nello studio della Regione - solo a condizione di una revisione generale delle attuali forme di assistenza». Dati preoccupanti confermati nel 24° Report Sud, instant focus sullo stato dell’economia del Meridione, realizzato dal Diste Consulting per la Fondazione Curella di Palermo, dove si evidenzia che a partire dal 2008, la crisi si sta rivelando particolarmente dolorosa, sia per le imprese che per le famiglie alle prese con una forte diminuzione del potere d’acquisto e con un drammatico aumento della disoccupazione. I dati riportati nel report fanno riferimento al consuntivo 2012 e al bilancio previsionale 2013. Le analisi condotte nel Report non hanno fornito, fino all’inizio della primavera 2013, alcun segnale di attenuazione della recessione, indicando per tutto il corso dell’anno il proseguimento della crisi. Nel 2012 intanto il prodotto interno lordo, in base alle stime Diste, è sceso del 3,4% a fronte di un calo del 2% nel Centro/Nord. Per l’economia meridionale si tratta della quinta diminuzione consecutiva nell’arco degli ultimi cinque anni, che ha riportato il livello del Pil indietro di oltre il 10 per cento. Per l’area centro settentrionale il consuntivo 2012 costituisce una inversione di tendenza, dopo un biennio di parziale recupero delle perdite subite nel 2008/2010, per cui la flessione del Pil rispetto al 2007 ha sfiorato il 6%. Sul mercato del lavoro sono scomparsi 35.500 occupati nel Mezzogiorno e 33.100 nel Centro/ Nord. Nei cinque anni di crisi i posti di lavoro distrutti nel sistema produttivo del Sud e delle Isole sono stati in totale 335.500.

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