Berlusconi apre la crisi di governo ordinando ai cinque ministri PdL di dimettersi e così azzerando le speranze, già ridotte al lumicino, del Presidente Napolitano e del premier Letta di rilanciare, con una verifica in Parlamento, l’azione di governo. Letta vuole comunque un «chiarimento » davanti alle Camere per verificare i “numeri” ma soprattutto per addossare al Cavaliere – davanti al Paese – la responsabilità di un «gesto folle compiuto solo per motivi personali» (il 4 ottobre si riunirà la Giunta del Senato per decidere sulla decadenza di Berlusconi, condannato in via definitiva per la vicenda dei diritti tv, e il sì all’estromissione del Cavaliere sembra scontato). Dopo l’accelerazione dell’annuncio delle dimissioni di massa dei parlamentari, Berlusconi ha quindi consumato l’ultimo strappo dopo una riunione ristrettissima alla quale, a quanto si apprende, hanno partecipato Daniela Santanchè e Denis Verdini. «L’ultimatum di Letta – “Basta ricatti sulla decadenza di Berlusconi, prendere o lasciare” – è irricevibile e inaccettabile» per il Cavaliere, che addossa al Pd la colpa della mancata approvazione del decreto per evitare l’aumento dell’Iva. Un’accusa che viene bollata dal Pd come una bugia ridicola e che Letta respinge: gli italiani non sono stupidi e non “abboccheranno” al Cavaliere che «gira la frittata » visto che è stato proprio il PdL, annunciando le dimissioni di massa, a immobilizzare il governo e a trascinarlo verso la crisi. Letta, ieri, aveva deciso di trascorrere un pomeriggio in famiglia per concentrarsi sul discorso programmatico su cui verificare martedì la maggioranza, ma è stato informato dal vicepremier Alfano sulla decisione dei ministri PdL di dimettersi. Oggi il premier salirà al Quirinale, quando il Capo dello Stato rientrerà dalla trasferta a Napoli, per decidere insieme le prossime mosse; ieri al telefono un primo confronto sulla situazione. Letta ha sentito anche il segretario Pd Epifani che considera la scelta di Berlusconi un’ulteriore azione di sfascio: i problemi giudiziari di una sola persona anteposti come sempre all’interesse del Paese.