Il caso di tre coppie che non possono avere figli e si sono viste negare l’eterologa, potrebbe ora far
cadere il divieto previsto dalla legge italiana rispetto a questo tipo di fecondazione; e assestare così
un altro fendente a una norma che, dall’obbligo di produrre non più di tre embrioni e a quello di impianto
contemporaneo, è stata già più volte sfrondata a colpi di illegittimità. Domani la Corte Costituzionale
tornerà a occuparsi della legge 40 affrontando in udienza le questioni sollevate dai tribunali di Milano,
Firenze e Catania, che hanno in carico le cause di altrettante coppie e si sono rivolti alla Consulta. La
vicenda ovviamente travalica le storie personali, perché la decisione della Corte è attesa da tante
persone che a causa di una infertilità assoluta, possono sperare solo nella donazione esterna di ovuli o
spermatozoi per avere un bambino. Per loro, la cancellazione del divieto di fecondazione eterologa
significherebbe vedere riconosciuto il diritto a essere genitori, a essere famiglia. Le ordinanze dei tre
tribunali rimesse, circa un anno fa, alla Corte Costituzionale pongono l’accento proprio su quest’ aspetto
e lo sviluppano prospettando la violazione di numerosi articoli della Costituzione: dall’art. 2 sui
diritti inviolabili dell’uomo all’art. 3 sul principio di uguaglianza; dal 29 sulle tutele alla famiglia
al 31 sulla tutela della maternità; dal 32 sul diritto alla salute al 117 sui vincoli rispetto all’
ordinamento comunitario. Importante quest’ultimo punto: la questione che domani tornerà di fronte alla
Corte e al giudice relatore Giuseppe Tesauro, è in realtà già stata affrontata una prima volta nel maggio
2012. In quell'occasione tra l’azione dei Tribunali nell’ interesse delle coppie e la Consulta si era
frapposta una sentenza pronunciata nel novembre 2011 dalla Grande Camera di Strasburgo che concerneva
proprio il divieto di fecondazione eterologa in Austria. La Corte Costituzionale italiana, quindi, ha
chiesto ai Tribunali di riformulare gli atti alla luce di questo pronunciamento. La Grande Camera, pur
ribaltando la decisione di primo grado e di fatto confermando la legge austriaca - che stabilisce un
divieto parziale per l’eterologa escludendo quella in vitro - ha però fissato alcuni principi cardine, e
ferma restando l’autonomia di ogni Stato, ha invitato gli Stati membri Ue a legiferare in materia di
fecondazione sulla base dell’evoluzione scientifica e delle tecniche mediche. Passaggi, questi, su cui i
Tribunali italiani rimettenti insistono nelle loro ordinanze, sottolineando che la legge in vigore
impedirebbe la costruzione di una famiglia in presenza di limiti che la medicina consente invece di
superare. Così facendo, inoltre, si discriminano le coppie sotto il profilo economico, perché solo le più
abbienti possono permettersi di andare all’estero in Paesi dove l’eterologa è consentita, incrementando
una sorta di «turismo procreativo». Anche i dubbi legati al donatore sono superabili - sostengono le
coppie e i giudici ordinari - perché esiste già un istituto che ammette la frattura tra genitorialità
genetica e genitorialità legittima: l'adozione.
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