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L'ansia del Brasile
I dubbi dell'Italia

Un carnevale lungo un mese e mezzo, un trenino ininterrotto fatto di gioia, gol e colori. Quando nel 2007 fu assegnato al Brasile, il paese del calcio, il mondiale per tutti sembrava destinato ad essere una festa dionisiaca nel nome del dio pallone: e vai con ''meu amigo Charlie Brown". Sette anni dopo le condizioni sono cambiate, e si sa che quando rallenta l'economia accelerano le inquietudini: per questo a quattro giorni dal via i brasiliani, da qualche tempo un po' meno Brics, nel senso di vincenti, pronunciano con sempre maggiore insistenza la parola "medo". 

Significa paura. Che si ripeta la tragica beffa del Maracanazo, quando i cugini di campagna urugayani si presentarono a Rio e si presero la Coppa del Mondo: sono passati 64 anni e il Brasile continua a piangere per quella tragedia sportiva molto piu' che per i tanti suicidi conseguenti. Paura, poi, che a vincere sia l'odiata rivale calcistica Argentina, con il suo piccolo principe Messi. Paura soprattutto che il Paese si riveli meno forte di quanto creduto e con le manifestazioni di protesta venga giu' il sistema della speranza, come sono venute giu' le impalcature degli stadi in costruzione, portandosi dietro la vita di alcuni di quelli che li costruivano. E' un Paese, il Brasile al tempo del mondiale, con un'ansia da prestazione quasi insopportabile. ''Anche arrivare secondi sarebbe andare all'inferno", dicono nei girarrosto di Copacabana e nei boulevard della capitale Brasilia, nelle vie coloniali di Parati e nelle ville blindate di San Paolo. Il commissario tecnico Felipao Scolari esorcizza i timori vietando ai suoi giocatori di parlare del misfatto del 1950. 

Eppure dove sta scritto che la Selecao sia strafavorita per il titolo mondiale, anzi che lo abbia gia' vinto come sostengono gli analisti di Goldman Sachs? Piu' che nel talento di Neymar (O Ney, lo chiamano parafrasando Pele', ma c'e' tanta nostalgia nel soprannome) a pensarci bene solo in un elemento di valutazione: questo Brasile non ha poesia, ma le ultime volte che la squadra verdeoro ha fatto calcio in prosa, la coppa l'ha alzata il suo capitano. E'andata cosi' nel 1994, quando il simbolo della Selecao era un muscolare come Dunga, ed e' andata cosi' nel 2002 in quell'edizione strana da Estremo Oriente. Ma il mondiale delle prime volte (dei timeout per contrastare caldo e umidità, della gol line technlogy per evitare i gol fantasma) potrebbe tranquillamente regalare una sorpresa. Tecnicamente non sarebbe neppure tale, una vittoria della eterna Germania del pallone o dell'Argentina carica di talenti. 

Ne' un bis della Spagna campione in carica, sebbene a rischio usura per il tempo che passa e la pancia piena di successi. Una sorpresa vera sarebbe un successo del pur gettonatissimo Belgio dei giovani leoni, da Courtouois a Hazard. O della interessantissima novita' rappresentata dalla Bosnia di Pjanic. L'Italia di Prandelli per rango non puo' essere rubricata tra gli outsider, per consistenza tecnica si'. Al di la' di una marcia di avvicinamento tutt'altro che esaltante, deve preoccupare Prandelli il fatto che due anni dopo l'ottimo europeo gli azzurri siano ancora appesi agli estri di Balotelli e Cassano (che, detto per inciso, fino a poco tempo fa il ct non aveva nessuna intenzione di portare in Brasile). Non si vedono, insomma, miglioramenti rispetto al torneo continentale nonostante un po' di qualita' possa arrivare dai giovani Verratti e Immobile. Ma qui c'e' tutto il mondo, non solo l'Europa, a cominciare da un girone davvero insidioso per gli azzurri, con due nazionali gia' vincitrici del titolo (Inghilterra e soprattutto Uruguay fanno paura) oltre alla cenerentola Costa Rica. 

Manca una candidatura decisa tra le africane, che non sono mai arrivate in semifinale: stavolta la nazionale piu' consistente sul piano tecnico viene considerata la Costa 'd'Avorio di Drogba e Gervinho. Il Portogallo del Pallone d'Oro Cristiano Ronaldo spera che la sua stella abbia recuperato dalle fatiche di una stagione lunghissima, la Russia del supertifoso Putin (annunciato in tribuna per una delle partite) ha il suo punto di forza nell'allenatore Capello: difficile che arrivino fino in fondo. Attenzione meritano l'Olanda di Robben, finalista in Sudafrica, e le emergenti nazionali di Cile, con Vidal, e Colombia, priva di Falcao ma guidata da Cuadrado. Ed e' da seguire anche il Giappone guidato dal terzo ct italiano, Zaccheroni. Non sara' un trenino festoso, insomma, e le tensioni sociali basiliane, alimentate anche dalle scadenze elettorali di quest'anno, si faranno sentire: ma per motivi tecnici e campioni presenti la festa del pallone a Brasile 2014 resta assicurata.

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