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Nuovi accertamenti
e 5 indagati

 Si allarga –nell’ambito di un atto dovuto per un accertamento irripetibile – il cerchio degli indagati coinvolti nella gestione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti di proprietà della società mista “TirrenoAmbiente”. I pm di Barcellona Francesco Massara e Giorgio Nicola che indagano per verificare la legittimità delle autorizzazioni rilasciate per il funzionamento dell’impianto di smaltimento dei rifiuti, chiuso a seguito di ordinanza di sequestro, hanno fatto notificare complessivamente otto informazioni di garanzia ad amministratori e dirigenti della società mista, ma anche a funzionari regionali e provinciali che hanno avuto ruoli decisivi nelle autorizzazioni che hanno consentito la costruzione e l’ampliamento del sito di contrada Zuppà. Infatti, oltre all’ex presidente Antonio “Antonello” Crisafulli, 53 anni e agli ex amministratori delegati Giuseppino “Pino” Innocenti, 61 anni e Giuseppe Antonioli di 53 anni, i nuovi indagati a cui è stata notificata l’informazione di garanzia, sono: gli ex presidenti della TirrenoAmbiente, il docente universitario Sebastiano “Nello” Giambò, 66 anni; il suo successore, il farmacista Francesco Cannone, 61 anni. A questi si aggiungono un alto dirigente regionale dell’assessorato al Territorio e ambiente, Vincenzo Sansone, 63 anni, di Palermo; il funzionario regionale Gianfranco Cannova, 56 anni, attualmente rinchiuso in carcere per le note vicende relative alle autorizzazioni rilasciate in cambio di presunte tangenti per quattro discariche siciliane, e il funzionario dell’ufficio ambiente della Provincia di Messina, Armando Cappadonia, 57 anni. Le accuse mosse agli otto indagati nello specifico si distinguono. Per gli amministratori che si sono succeduti nella gestione della società mista, Giambò, Cannone, Crisafulli, Innocenti e Antonioli, si contesta in concorso il reato di cui all’art. 256 decreto legislativo 152 del 2006, commesso dal 27 agosto 2014 e con condotta tuttora permanente. Le accuse per Sansone e Cannova riguardano invece il reato di cui all’articolo 479 del codice penale, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, commesso in Palermo il 29 febbraio del 2009 con la sottoscrizione dell’atto che concedeva la Valutazione di impatto ambientale e autorizzava l’ampliamento della discarica; Cappadonia, singolarmente risponde da solo di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, per la sottoscrizione di un atto l’1 dicembre del 2006. La notifica delle informazioni di garanzia, ai tre precedenti indagati e agli altri cinque che si sono aggiunti adesso all’elenco, eseguita dai carabinieri del Noe di Catania che lo scorso 27 agosto avevano effettuato l’accesso all’impianto di contrada Zuppà che poi ha portato al sequestro, si è resa necessaria perché i due magistrati inquirenti devono procedere ad accertare, nelle forme dell’atto non ripetibile, «la presenza di eventuale inquinamento nel sito occupato dalla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea». A tale proposito è stato già designato un consulente tecnico d’ufficio, l’ingegner Francesco Melidoro. 

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