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Quel corpicino quieto
che nessuno ha protetto

È sconvolgente, scioccante, insostenibile: sono questi gli argomenti di chi si è espresso – anche con grande veemenza – su ogni genere di social, ma anche sulle tribune mediatiche di ogni tipo, contro la pubblicazione della foto di Aylan, il suo corpicino alla deriva della nostra coscienza, il volto in giù, la maglietta rossa (che è stata accostata al cappottino rosso della bambina-simbolo dell’Olocausto in “Schindler’s List”) e le scarpine che qualcuno con amore gli aveva allacciato prima del difficilissimo “viaggio della speranza”, anzi “della vita”, che la sua famiglia, assieme a migliaia di altre, aveva intrapreso.

È sconvolgente, scioccante, insostenibile: sono questi gli argomenti, invece, di chi quella foto ha pubblicato e condiviso, o ha approvato la scelta di pubblicare (come oggi, dopo che è stata diffusa in tutto il pianeta, ha scelto di fare anche la “Gazzetta”).

Perché persino nel mondo ultramediatico in cui viviamo, nel mondo delle immagini da cui siamo avvolti di continuo (e che contribuiamo a produrre e duplicare senza sosta, nell’epoca della riproducibilità infinita del reale a mezzo smartphone) ci sono immagini che hanno il potere di fare il vuoto attorno a sé, di inchiodarci col loro formidabile potere (e formidabile, dal latino, significa esattamente che incute terrore: lo sanno bene i tagliagole dell’Isis, che spacciano di continuo raccapriccio un tanto al bit).

Poi arriva un’immagine così, dove l’orrore non è nella truculenza, ma proprio nella compostezza, nel silenzio, nella fragilità irrimediabile di quel corpicino muto e quieto che nessuno ha protetto. Immagini così – comunque la si pensi sull’opportunità di pubblicarle (ma, per cortesia, lasciando perdere la ridicola accusa di sciacallaggio: quelli sono gli scatti rubati e infingardi, che non portano con sé, come questa, verità ma solo calcolo e calunnia) – hanno soprattutto un potere: ci chiamano in causa, ci interpellano in un modo che non possiamo ignorare, ci guardano dritti egli occhi.

Sì, è davvero sconvolgente, scioccante, insostenibile: esattamente come quello che sta avvenendo, qui alla nostra porta, e per cause e responsabilità precise. Possiamo decidere di ignorarlo? Aylan tace, ma il suo è un «no».

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