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Inchino al boss? La processione fa marcia indietro

 Un provvidenziale diniego dell’Autorità di pubblica sicurezza e l’invito a rivedere il nuovo percorso proposto dal comitato parrocchiale, ha impedito l’inchino del simulacro della Madonna di Mazzarrà davanti alla casa di un presunto boss ristretto ai domiciliari. L’indignazione suscitata dal “funerale show” organizzato a Roma dai Casamonica, grazie al preventivo intervento di carabinieri e polizia che ben conoscono le insidie di un territorio martoriato dalla mafia, ha impedito che la statua di Maria Santissima delle Grazie, protettrice di Mazzarrà Sant’Andrea, deviasse il tradizionale percorso processionale nell’ultima domenica di agosto per portare l’inchino ad un presunto boss, Salvatore Italiano, 49 anni, affiliato al clan locale, che si trova ai domiciliari per effetto delle ultime due operazioni antimafia “Gotha IV e V”, ristretto in una delle palazzine delle case popolari di contrada Giarrisi dove di recente si sono organizzate persino riunioni politiche in vista delle prossime elezioni in un Comune su cui pende una richiesta di scioglimento per ingerenze mafiose. Il comitato organizzatore della festa in onore della patrona, che in un primo tempo aveva accettato l’invito di alcuni residenti affinché il percorso della processione fosse deviato fino alle case popolari, dove nel cortile sarebbe stato organizzato persino un rinfresco ed eseguiti fuochi artificiali, è stato “invitato” dall’autorità di pubblica sicurezza a riformulare il percorso secondo l’originaria tradizione ed a ripresentare la documentazione necessaria per ottenere il nullaosta necessario al normale svolgimento della manifestazione religiosa. Il nuovo percorso che la statua della patrona Maria Santissima delle Grazie avrebbe dovuto compiere, avrebbe portato il simulacro a percorrere per la prima volta nella storia della festa patronale la via Giarrisi, teatro di efferati omicidi: quello di Antonino “Ninì” Rottino, ucciso l’antivigilia della festa della patrona, la sera del 22 agosto del 2006, e l’assassinio del boss Ignazio Artino, ucciso la sera del 12 aprile del 2011 nel cortile delle stesse case popolari nuova meta della processione. Così non è stato perché grazie all’intuito dei carabinieri, in particolare del comandante della Compagnia di Barcellona cap. Fabio Valletta, che d’intesa con il dirigente del Commissariato di polizia, il vicequestore Mario Ceraolo, che rappresenta l’autorità di pubblica sicurezza, hanno bloccato sul nascere l’iniziativa e invitato gli organizzatori a riconsiderare il percorso secondo il tragitto tradizionale. Non sono mancate le polemiche che hanno diviso sia il Comitato parrocchiale, ma anche parte della popolazione residente nella zona delle case popolari. Infatti per fare deviare il percorso gli abitanti di contrada Giarrisi si erano autotassati per contribuire alla festa.

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