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Siria, sono in arrivo anche i cinesi

                                                                                                    di Piero Orteca

La notizia, se sarà confermata nei prossimi giorni, è di quelle destinate a fare schizzare Obama dalla sua poltrona fino al lampadario dello Studio Ovale. A meno che… il presidente non reciti due parti in commedia. Dunque, per farla breve, mentre i russi, in Siria, hanno cominciato a sganciare bombe a tutto spiano, adesso, udite udite, arrivano pure i cinesi. Mancavano solo loro. Lo spifferone giunge, con grande dovizia di particolari, dalle solite “fonti bene informate”: quelle israeliane, le quali non perdono occasione per sbertucciare la Casa Bianca e tutta la sua strategia mediorientale, capace di ottenere sempre il contrario di ciò che si propone. Anche se, come abbiamo già anticipato in altre occasioni, la mossa potrebbe essere stata concordata dalla diplomazia “parallela”, secondo la dottrina dei “ladri di Pisa”, Quelli che facevano finta di litigare di giorno, per andare poi a rubare di notte, assieme. Insomma, abbiamo i nostri dubbi che Russia e Cina si siano improvvisamente alleati, in Siria, senza consultare prima gli americani. Alle spalle, nelle segrete stanze, c’è qualche forma più o meno evidente di accordo, che non viene palesemente divulgato per non far fare a Obama la figura dello stoccafisso. Si tratta di questo: molto presto i caccia-bombardieri J-15 di Pechino si dovrebbero unire ai russi per colpire massicciamente le milizie del “Califfo”. I velivoli decolleranno dalla portaerei cinese Liaoning CV-16, che staziona davanti alle coste siriane dallo scorso 26 settembre. La decisione segue l’intervento del Ministro degli Esteri del colosso asiatico,Wang Yi, che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha dichiarato, corto e netto, che “il mondo non può assistere con le braccia conserte a ciò che avviene in Siria, ma nel contempo non può intervenire arbitrariamente nella crisi”. Che vuol dire? Semplice. Todos caballeros, o tutti o nessuno. Perchè, messaggio agli Stati Uniti, qualcuno sta facendo carne di porco nella regione, correndo appresso alle proprie paturnie (interessi “materiali” compresi) e mettendo in pericolo gli già sbalestrati equilibri internazionali. Così non può funzionare. Gratta gratta, sotto la vernice umanitaria, dei diritti umani, della democrazia e di tutti i blablabla dei politicanti di questo mondo, in Siria e Irak comincia a spuntare un odore acre di benzina, mentre si materializzano un intrico di gasdotti e un crocevia di “carovaniere” (chiamiamole in questo modo), da dove passa di tutto e di più. Non fatevi fregare, perchè siamo alle solite: la lite è sempre per la coperta. La “Primavera araba”? “Ma mi faccia il piacere”, avrebbe sbottato Totò. Tra Siria, Libia, Egitto, Penisola Arabica e mezza Africa del nord i morti, diretti e indiretti, ormai, si contano a milioni. Gli equilibri internazionali sono saltati come il tappo del vaso di Pandora, l’estremismo islamico incalza con la forza di un rullo compressore e le migrazioni bibliche sono solo all’inizio, mentre tutti cercano affannosamente di chiudere i rubinetti della guerra. Dopo che, però, hanno già fatto saltare in aria l’acquedotto. Dilettanti allo sbaraglio? Forse, e non in tutti i casi. Perchè in giro ci sono anche diplomatici saggi, di grande esperienza, pronti a sostenere approcci cooperativi e non conflittuali. Ma, molto spesso, l’avidità delle lobby politiche rovina tutto. Dicevamo della puzza di benzina. E di bruciato. Secondo voi, come mai i francesi hanno cominciato pure loro a bombardare in Siria? Vogliono “punire” l’Isis (a scoppio ritardato) per gli attentati subiti o c’è dell’altro? Ricordando quello che Sarkozy e i suoi servizi segreti hanno combinato in Libia, non tanto per fare la festa a Gheddafi, quanto piuttosto per arraffare materie prime, greggio e uranio… cominciamo a essere un poco preoccupati, per la piega che stanno prendendo le cose. Sempre in queste ore arriva un’altra notizia di quelle toste. Il premier irakeno, lo sciita Haider al-Abadi (praticamente “eletto” dagli americani) in un’intervista a PBS NewsHour ha detto che le truppe russe, se Putin decidesse di spedirle dalle parti di Baghdad, “sarebbero benvenute”. Senti senti. Al-Abadi parla, ovviamente, di una presenza in funzione anti-Isis, dimenticandosi di aggiungere che i soldati di Mosca sarebbero, soprattutto, un deterrente per tutti i sunniti. Bluff? Pressioni psicologiche per convincere Obama ad allargare ancora i cordoni della borsa? Vedremo. Per ora al-Abadi esorta Putin a liquidare i 2.500 ceceni che combattono col “Califfo”. A dimostrazione che il Cremlino fa sul serio, è stata attivata una “war room” che riunisce esponenti degli alti comandi siriani, irakeni e russi. Non basta. Il governo di Baghdad ha pure concesso a Putin l’utilizzo della base aerea di Habbaniyah (a 74 chilometri dalla capitale) che servirà come testa di ponte per l’invio di armi, rifornimenti e uomini, russo-iraniani, a sostegno del regime di Damasco. Chiariamo anche che, ad Habbanyah, atterrano gli aerei dell’US Air Force, che finora hanno trasportato in Irak oltre 5 mila soldati. Alla chetichella. Insomma, Usa e Russia sbarcano soldati a cento metri di distanza gli uni dall’altra e poi si fanno la guerra? Sì, a chiacchiere. Ieri il presidente americano ha detto (o, meglio, ha dovuto dire) che “Assad cadrà” e che i russi agiscono per conto loro con i siriani e con gli iraniani. Dimenticandosi, però, di aggiungere che le truppe degli ayatollah si trovano in Irak e in Siria proprio su invito della Casa Bianca. Obama ha poi concluso la sua analisi affermando che “i bombardamenti dei russi colpiscono i ribelli anti-Assad, ma non l’Isis”, e che “il Pentagono sta valutando l’ipotesi di usare la forza per proteggere i suoi alleati rivoltosi”. In che modo, gli chiediamo, forse sparando sui russi? E qui rispunta il già citato Totò, col suo inequivocabile “Ma mi faccia il piacere”. Se gli americani hanno organizzato una forza d’invasione giordana e se armano i ribelli anti-Assad che poi saltano il fosso e passano col “Califfo”, ti devi aspettare che anche la Russia e la Cina, potenze “globali”, si muovano di conseguenza. Alcuni l’hanno capito (Germania e Italia, per esempio) e cercano di frenare i bollenti spiriti dell’Occidente. Altri invece non sanno come uscirsene (gli Stati Uniti), mentre un paio di ex imperi coloniali (molto “ex”), come Francia e Regno Unito, spingono disperatamente per entrare nel “risiko” mediorientale, con l’obiettivo di rinverdire l’ormai sbiadita grandeur. E così finiscono di rompere tutta la cristalleria di Boemia. Quella che finora si era salvata, sfuggendo ai colpi di clava della loro politica estera. Pensierino della sera: non esiste più la dottrina del “poliziotto del mondo”. Il pianeta è un boccone troppo grosso per essere ingoiato dall’America e dai suoi alleati, senza masticarlo. Continuando così gli andrà di traverso.

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