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Stop alla spesa, “buco” di mezzo miliardo

 «Se la Corte dei conti è preoccupata per i conti della Sicilia, lo siamo anche noi», ha dichiarato l’assessore all’Economia Alessandro Baccei nel lasciare gli uffici dei giudici amministrativi, dove è stato chiamato a render conto della situazione finanziaria della Regione. «Oggi – ha ricordato – mancano in bilancio tra i 400 e i 500 milioni, che dovremo trovare almeno in parte. Intanto, procederemo col blocco della spesa. La situazione è critica e lo è da tempo». «Avevo lanciato alcuni giorni fa un grido di dolore – ha proseguito – sperando di responsabilizzare i deputati e i miei colleghi assessori». Il problema nasce dalla presa d’atto che le entrate sono di gran lunga inferiori a quelle previste. «C’è infatti – ha rilevato il tecnico spedito da Roma a Palermo per far quadrare i conti siciliani – una contrazione dell’Irap, che è prevista dallo Stato e non da noi, inoltre sull’Irpef c’è minor gettito e una minore entrata sull’Iva dovuta allo split payment. Tutto insieme fa 500 milioni in meno circa». «La Corte dei conti –ha rilevato Baccei – è giustamente molto sensibile al problema: abbiamo condiviso le criticità, ora vedremo di proporre una soluzione per bloccare la spesa, ma senza intaccare pagamenti e stipendi di lavoratori. Cercheremo una soluzione che dia un messaggio valido per quest’anno, ma di forte criticità per il 2016, quando non potremo usare i 700 milioni del Cipe. La Corte condivide la nostra grande preoccupazione». Immediate le reazioni dei sindaci: «Le preoccupazioni della Corte dei Conti e le dichiarazioni dell’assessore Baccei – ha commentato il presidente di Anci Sicilia Leoluca Orlando – sfortunatamente non ci stupiscono. Siamo in presenza di una conferma evidente di quello” stato di calamità istituzionale” che va ben oltre il buco di 500 milioni e che è stato più volte da noi denunciato anche alle istituzioni nazionali». «I comuni siciliani – ha aggiunto Orlando –non hanno, ad oggi, ricevuto un centesimo dei trasferimenti da parte della Regione e questo ci fa pensare che le difficoltà finanziarie si stanno facendo gravare esclusivamente sugli enti locali. I 500 milioni di buco corrispondono quasi interamente, infatti, alle risorse che vanno trasferite ai comuni». Incalza l’opposizione: «Le dichiarazioni dell'assessore Baccei – ha affermato a sua volta il deputato di Sel Erasmo Palazzotto – certificano il disastro finanziario della Regione Siciliana e l'incapacità politica e amministrativa del governo Crocetta. Non è più rinviabile ridare la parola ai cittadini attraverso lo strumento del voto. Alla Sicilia serve un governo autorevole capace di rimettere in moto la macchina amministrativa della Regione e di far fronte all'emergenza finanziaria». Il capitolo Corte dei conti, peraltro, non si è concluso con l’audizione di Baccei. I magistrati contabili, infatti, sono riservata ogni decisione ed è probabile che contestino il provvedimento di assestamento del bilancio varato nei giorni scorsi. Per cui potrebbe essere necessaria una nuova manovra sul bilancio del 2015, tagliando immediatamente la spesa corrente per far quadrare di nuovo i conti. Inoltre, potrebbe essere necessaria la revisione di ogni previsione per il 2016, aggiungendovi le perdite registrate nell’anno che si avvia a conclusione, col risultato che si porrebbero le condizioni per una nuova impugnativa da parte del Consiglio dei ministri. Secondo il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone «non si può fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia»: «Il Governo regionale deve spiegarci cosa comporterà questo annunciato blocco della spesa. Non basta dire che saranno garantiti gli stipendi dei dipendenti regionali per poi scoprire, invece, che non lo saranno quelli di migliaia di lavoratori che dipendono in modo indiretto dall’Amministrazione (dalla Formazione professionale, agli esattoriali sino alle Partecipate). Bisogna capire, inoltre, se saranno disponibili le risorse per le emergenze che si verificano oramai ogni giorno nell’Isola, come le autostrade e le strade franate».

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