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Sì, diciamolo
senza ipocrisie

Sì, diciamolo senza ipocrisie

Divertente. La maggioranza degli italiani – sì, ammettiamolo – quasi sempre se ne frega della gran parte dei progetti di legge, di questo e quel decreto, d’ogni varo e ripensamento e correzione o persino revoca. Se toccati nel portafogli ci si sveglia e s’impreca tra tasse, multe e arcani balzelli, altrimenti nemmeno ci s’informa. Dei princìpi (sempre... astratti, poveretti), che siano o no fondamentali, molti italiani – a meno di non esser tirati per la giacca – si curano poco. Certo, nessuno dimentica le battaglie per il divorzio, il possibile sì o il no a questa o quella pratica abortiva, la pillola RU486, eccetera eccetera. Ovviamente se entra in ballo la vita personale, familiare, relazionale, sessuale tutti si schierano. Ma – sì, diciamolo senza ipocrisie – su questioni più distanti dall’ordinaria quotidianità la cosiddetta “massa” non prende parola. E si fa passare addosso da decenni leggi talvolta immonde, provvedimenti più spesso iniqui, misure ingiuste. Subisce dallo Stato, dalla burocrazia, da mille improbabili enti ed entità. Il valore si è ormai, da troppo tempo, scarnificato in fatto – e viene, quest’ultimo, percepito come ineluttabile –, la norma è stata quindi sacrificata alla normalità, il diritto ha ceduto alla forza oscura delle cose. E di taluni uomini o poteri, su cui si favoleggia: è incline, il genere umano, alle religioni, positive o negative, fantasmi da agitare demagogicamente alla bisogna, come se sempre ci fosse un dietro delle cose, e sempre fosse ciò che più conta.

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Sì, è divertente. L’Italia, in questi giorni, è popolata da accesi costituzionalisti. Nei bar si discetta sul “Titolo V” della Costituzione, e capita così dal barbiere, su Facebook, in trattoria. Luoghi “popolari” dove tutti, smentendo che quello del 4 dicembre sia un referendum sul governo e su Matteo Renzi, giurano che voteranno soltanto perché convinti in fede della bontà del “No” o del “Sì”. Per ora non s’argomenta accalorati intorno alle scie chimiche, la versione 2.0 dei cerchi di grano, ma su Senato della Repubblica, bicameralismo perfetto, Italicum, Porcellum – alcuni hanno l’aria d’averne soltanto da poco appreso l’esistenza – e dunque sull’attuale Parlamento “illegittimo” (dai lacerati democrats alle truppe residue del Cavaliere ormai quasi inesistente passando per la sbrindellata confusa armata a cinque stelle e l’ex padano Salvini). Conversazioni, queste, che sono la versione 2.0 di quelle che alcuni anni fa, ma le ricordiamo meno incandescenti, si facevano sul conflitto di interessi, tema su cui la sinistra italiana di allora si mostrò, purtroppo, non sufficientemente combattiva.

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Oggi, come ormai va di moda nel nostro Paese, il clima è da rissa, da tifo ultrà; s’avverte un rumore d’odio ben distinguibile, lo stesso cui ci hanno abituati il berlusconismo, il dipietrismo, il grillismo. E – sì, riconosciamolo – la Costituzione c’entra poco. Dice il falso chi sostiene che, in questa consultazione, non vi sia niente di personale. Nel nostro Paese, scopriamo, tutto lo diventa.

Ebbene, vorremmo che il 4 dicembre s’andasse alle urne non per votare a favore o contro Renzi, ma – sereni e ben informati – per esprimersi sulla riforma costituzionale, e anche consapevoli di ciò che il “Sì” o il “No” rappresenterebbe agli occhi degli altri Paesi. In un mondo complesso, che mostra finora d’apprezzare quanto fatto da Renzi e ha l’economia al suo centro, inviare segnali “sbagliati” prestando il fianco a strumentalizzazioni sarebbe rovinoso. C’è necessità che anche lì fuori capiscano.

Prima di scegliere che cosa votare bisogna riflettere un bel po’. Chiedetelo ai britannici, la maggior parte dei quali già s’alza ogni mattina maledicendo la “Brexit”. A volte davvero c’è un dietro delle cose, ed è ciò che più conta.

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