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Il docu su Caravaggio e l' "esclusione" di Messina

Il docu su Caravaggio e l' "esclusione" di Messina

Messina
Quando da Siracusa la narrazione è tornata direttamente a Napoli, l’altra sera nel cinema Apollo si è avvertito un intenso mormorio, che è presto diventato protesta, culminata con l’abbandono della sala di chi si è sentito offeso dall’omissione di Messina (e delle opere conservate nel suo rinnovato museo) nel film “Caravaggio, l’anima e il sangue”. “Il martirio di Santa Lucia”, dipinta a Siracusa è stata l’unica opera citata del periodo siciliano, fra il 1608 e il 1609, del pittore lombardo. Niente “Adorazione dei pastori” e niente “Resurrezione di Lazzaro”, opera quest’ultima considerata fra le maggiori di Caravaggio. Perché quest’assenza apparsa così offensiva per la città, che ha causato, in seguito, l'intervento dello stesso sindaco Accorinti, il quale ha addirittura chiesto il ritiro del docu dalla distribuzione perché sia rivisto? Lo avevamo chiesto (prima dell'intervento del sindaco) a Claudio Strinati, storico dell’arte e già sovrintendente per il Polo museale di Roma, che del film è il consulente scientifico.
«Io direi – ha risposto - che nel film mancano altre opere pur importanti: non ci sono i quadri del Metropolitan, non c'è la “Madonna del Rosario” di Vienna, manca la “Crocifissione di Sant'Andrea” di Cleveland, il “San Giovanni” della Galleria Corsini in Roma, l'“Amorino dormiente” di Palazzo Pitti di Firenze. Sono opere eccelse, ma il film ha dovuto per forza rinunciare a qualcosa». Già, ma la Sicilia forse meritava di più: «Per rappresentare il momento dell’isola – ha aggiunto Strinati – si è scelto solo il “Martirio di Santa Lucia” di Siracusa che è sembrato riassumere in sé la svolta stilistica e morale del Caravaggio (l'elemento fondamentale che si voleva raccontare), indubbiamente presente anche nella “Resurrezione di Lazzaro” (e meno a mio giudizio nella “Adorazione dei pastori”). Purtroppo c'era il limite di tempo della durata del film e si sono dovute escludere alcune opere. Del resto il film non ha né la pretesa, né l'intento di essere una monografia sul Caravaggio, ma una ricostruzione emotiva e drammatica delle sue vicende, sia pure con una buona base filologica. È un film, non un documentario».
Strinati dunque riconosce il valore assoluto della “Resurrezione”, e non poteva essere altrimenti. Ne fa una questione di rinuncia dolorosa. Tanto che lancia un’idea: «Potremmo proporre agli amici messinesi di andare a girare una puntata di “Dies lunae” (interessante webserie sull’arte condotta proprio da Strinati, n.d.a.) sui Caravaggio di Messina per spiegare i motivi per cui i quadri non sono nel film, ma sono indiscutibilmente nel mio cuore!». Sarebbe un risarcimento, piccolo, ma sentito. Caterina Di Giacomo, direttrice del Museo di Messina: «Mi sembra una buona idea, perché tutto ciò che può servire a far conoscere la nostra struttura è benvenuto. Ma confesso che sono rimasta basita quando ho saputo che la “Resurrezione”, un capolavoro assoluto, non appariva nel film. Pensare che avevamo fatto un accordo con il cinema per una riduzione a chi presentava il biglietto d’ingresso al museo! E ricordo anche l’entusiasmo di Michele Placido davanti alle “nostre” opere, in vista di un suo film che collegherà Caravaggio a Pasolini».
Eppure le ragioni per inserire Messina nel film erano molteplici: proprio dalla città dello Stretto, grazie all’arcivescovo fra’ Bonaventura Secusio e al priore dell’Ordine di Malta a Messina, Antonio Martelli, cui Caravaggio fece un ritratto (forse dipinto a Malta, forse a Messina) adesso conservato a Firenze (Palazzo Pitti), arrivarono le protezioni per la fuga da Malta. E ancora: nella “Resurrezione di Lazzaro” appare uno dei più significativi autoritratti dell’artista, che si ritrae a mani giunte, simbolo della svolta morale indicata da Strinati. Il quale, con molta cortesia, continua a consolarci: «Aggiungo che nel film mancano anche alcuni pilastri della storia del Caravaggio: la “Cena in Emmaus” di Londra, “La cattura di Cristo” di Dublino e “Il martirio di Sant'Orsola” della Banca Intesa, ultima opera del maestro. E non c’è neppure la prima versione della “Caduta di Saulo”, della collezione Odescalchi. Non si incastravano nel filo della narrazione, pur essendo opere indubbiamente fondamentali».
Comunque, Messina è rimasta fuori. Che tristezza!

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