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Mai più razzismi e gabbie

Mai più razzismi e gabbie

Ciò che una civiltà conquista, a meno di guerre nucleari o di devastanti calamità astronomiche o climatiche che l’annientino, dovrebbe essere per sempre. Invece ci ritroviamo, nel 2018, a parlare – in Occidente – di bambini, figli di migranti, separati dai genitori e tenuti in gabbia da Trump (ieri, incalzato dalle pressioni internazionali, ha finalmente deciso di porre fine a quest’abominio), di razzismi degni del Ku Klux Klan, di diritti che credevamo non sarebbero stati mai più messi in discussione. Almeno in Occidente, almeno nel miglior Occidente, cioè l’Europa.

Qualsiasi azione che smentisca i princìpi di civiltà, qualsiasi “salvifica” ma cinica promessa – o venga dal più improbabile presidente americano che la Storia ricordi, o da un cosacco cattivo resuscitato, o da un manipolo di ex padani ringalluzziti – è una seria insidia che rischia di confondere il mondo, di riprecipitarlo nel caos. I fascismi – e la mente va al nazionalsocialismo di Hitler, e si badi agli “slogan” scelti di volta in volta dal Reich per srotolare il “racconto” – parlano un linguaggio monocorde: sproloquiano di identità, di patria, incessantemente s’occupano di nemici. Anzi: del nemico. Che è l’altro: il diverso, l’ebreo, il nero, il meridionale, il rom. La formula è identica: alimentare l’odio verso chi “non è” come noi. Il collante non è mai un vero programma politico che muova dalle vere priorità, il collante si fonda sull’odio per gli ispanici o i magrebini, per chi abita nelle banlieue o in ogni «poco raccomandabile» Chinatown del mondo. L’altro, in questa chiave, è colui su cui scaricare ogni nostra colpa, i limiti e le frustrazioni irrisolte: e così narriamo a noi stessi che ci sta rubando il lavoro, la donna, ci sta portando via l’uomo, il denaro, lo spazio, il verde, l’aria. Abbiamo un bel cantare sulla globalizzazione, un bel divertirci sui social network – lì dentro siamo pirati senza nome in mari aperti –, ma appena il mondo si fa reale ci sentiamo – per riflesso – sempre meno protetti, più esposti e vulnerabili. E i “bravi papà” del... sud dell’universo, quando in troppi gli guardano la figlia, o la roba, chiudono le finestre.

Piccolo problema: piaccia o no, non ce ne sono più, finestre.

Premier Conte, se ne convinca e lo spieghi ai suoi committenti: quando non ci sono più finestre è inutile “chiudere” qui, là e qui ancora. Civiltà è adattarsi all’aria che spiffera ovunque e sapere ridare al mondo forma acconcia, inventare modelli evoluti e adatti ai tempi. Serve la buona politica. Da sviluppare, con fermezza ma civilmente, in Europa e là dove possibile. Le gabbie e le schedature per razza lasciamole al passato.

Benedetto quel pianeta che non avrà altri confini se non quelli che Dio o nessun dio gli ha dato.

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