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Conte e Grillo lavorano a nuovo M5s, ma c'è il nodo Casaleggio

Vertice a Bibbona. Rousseau vuole perimetri. Crimi nel mirino

Da una parte i «vertici» che cercano la ricomposizione tra Movimento e Rousseau, dall’altra i gruppi parlamentari e i seguaci di Casaleggio e di Alessandro Di Battista che non ne vogliono sapere, che non si accontentano di separazioni consensuali ma puntano ad un vero e proprio divorzio. E’ sostanzialmente questa l’impasse che hanno provato a sciogliere Beppe Grillo e Giuseppe Conte nell’incontro che hanno tenuto nel fine settimana a Marina di Bibbona, la villa sul mare del fondatore del Movimento che doveva essere teatro del precedente vertice pentastellato, andato a monte per una fuga di notizie.

Questa volta il primo e il futuro capo politico del Movimento sono riusciti a mantenere il riserbo sul loro incontro, svelato solo dal Fatto Quotidiano e da una foto pubblicata sui social da una passante che li ha immortalati mentre conversavano sulla spiaggia, davanti al cancello della villa. Sul tavolo della discussione ci sono stati, ovviamente, tutti i dossier M5s: dal profilo del nuovo Movimento al simbolo, che dovrà richiamare l’obiettivo della transizione al 2050, dal nodo degli «espulsi» ai ricorsi pendenti in Tribunale e nelle Commissioni regolamentari di Camera e Senato, dalla questione della «segreteria» che il futuro leader vuole decidere mentre il Movimento ha votato per una leadership collegiale, e poi il tema del doppio mandato, dello Statuto, della chiusura o trasformazione dell’attuale associazione politica.

Tutti temi intrecciati tra di loro ma che hanno, in aggiunta, una variabile imprescindibile: quella del legame tra il Movimento e l'associazione Rousseau. Il presidente della piattaforma, erede dell’altro fondatore, Gianroberto Casaleggio è sugli scudi, ed ha minacciato seriamente la secessione. E’ questo a cui puntano molti degli espulsi, quelli che hanno detto No a Draghi e che ora guardano alla ricostituzione di un Movimento delle origini, lontano da quella che definiscono la «deriva» impressa da Luigi Di Maio. Vogliono la scissione e vogliono Casaleggio jr e Di Battista dalla loro: «basta compromessi, abbiamo mandato giù troppi rospi» tagliano corto. Dall’altra ci sono i parlamentari rimasti nel M5s che chiedono anche loro di rompere il legame con Rousseau che ora vedono come un partito nel partito. E non vogliono più sostenere economicamente la piattaforma. Ma questo è il punto: andare alle vie legali costerebbe troppo, per tutti. Per questo la via dell’accordo è l’unica via, anche per il futuro leader del M5s, perseguibile.

Senza contare che c'è un altro soggetto finito nel mirino degli espulsi: Vito Crimi. A lui, in quanto capo politico, potrebbero chiedere i danni nelle cause civili: «oneri ed onori» sibilano i «cacciati». Casaleggio, intanto, sembra «aprire» ad un compromesso. Dopo i messaggi più battaglieri, ora Rousseau smorza un pò i toni: il Manifesto che annuncerà mercoledì «vuole essere un codice etico di riferimento, ma anche un perimetro solido e ben definito di termini e condizioni di utilizzo dell’ecosistema Rousseau». La porta, insomma, è mezza aperta e mezza chiusa: solo mercoledì si saprà se le strade con il Movimento si separeranno. A fine mese anche Conte potrebbe svelare finalmente quale sarà il suo piano per tirare fuori i 5 Stelle dall’impasse, anche burocratica, e rilanciarlo. Per l’avvocato Lorenzo Borrè, precursore delle cause al M5s, da anni difensore della moltitudine di «espulsi» e fine conoscitore dell’intrigato sistema di regole, statuti ed associazioni di cui il Movimento si è via via dotato negli anni, è «concretamente impossibile sciogliere l’associazione per crearne una nuova, assai arduo modificare nuovamente lo Statuto a misura di leadership monocratica senza passare per l’elezione». Insomma, sentenzia, "grande è la confusione sotto il cielo...».

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