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Messina, Scimone e Sframeli: in lockdown ci è mancata la “casa teatro”

Autori, attori e registi, stanno già lavorando a un nuovo testo . A loro verrà dedicato l’incontro pubblico “Il teatro è ventre di madre”

Un laboratorio, uno spettacolo, momenti di confronto per raccontare un percorso artistico che si nutre della relazione fra attore, autore, spettatore. Un percorso interrotto, solo nell’incontro con il pubblico e con gli attori, dai lunghi mesi della pandemia. I messinesi Spiro Scimone e Francesco Sframeli, saranno i padrini del festival Kilowatt, diretto da Lucia Franchi e Luca Ricci, previsto da oggi al 24 luglio a Sansepolcro.

Gli eventi del Festival

Il festival accoglierà oltre 60 eventi tra teatro, danza e musica, coinvolgendo circa 200 artisti, provenienti anche da Francia, Olanda, Germania, Irlanda, Belgio, Austria ed Estonia. Un caleidoscopio di voci che si dipanerà anche in incontri e momenti di condivisione. Tema dell’edizione numero diciannove “Questa fervida pazienza” per celebrare la fervida pazienza di artisti, tecnici, organizzatori, amministrativi, addetti alla comunicazione, volontari e anche spettatori, che hanno tenuto vivo il teatro, proprio quando sembrava impossibile. Perché pazientare è resistere e la resistenza è un atto di speranza.

Il duo artistico-riparte

Così, tra pazienza e resistenza, riparte anche il duo artistico siciliano nato negli anni ’90 i cui spettacoli sono stati rappresentati nei festival europei più prestigiosi e poi in Argentina, Canada. A Scimone e Sframeli, autori, attori, registi, verrà dedicato l’incontro pubblico “Il teatro è ventre di madre” (oggi e domani), che, insieme a critici e operatori del settore, esplorerà la necessità di un teatro artigianale, che nasce dalla relazione viva tra autore, attore e spettatore, il festival sarà l’occasione per vedere un loro storico spettacolo, “Il Cortile” (oggi), Premio Ubu 2004 come miglior testo italiano e per assistere a “Bella Festa” (domani) esito del laboratorio condotto con attrici e attori professionisti a Sansepolcro. «Un laboratorio sulla pratica e l’attività teatrale contemporanea – spiegano – partendo dallo studio del testo “La festa” svilupperemo, insieme alle persone partecipanti, un lavoro fisico e di creazione che nasce dalla ricerca del corpo dei personaggi, creati dall’autore, ma che prende vita, durante la rappresentazione, attraverso il corpo dell’attore, alla presenza del corpo dello spettatore. Nella relazione autore, attore, spettatore si ricercherà l’essenza del teatro: l’ascolto».

Come nasce questa vostra presenza a Kilowatt?
«Era già qualche anno che se ne parlava, adesso tutto si è concretizzato – racconta Scimone – Cominceremo a partire dal 10 luglio con il laboratorio. Quando iniziamo a creare i nostri spettacoli, si parte dal rapporto vero e fisico con le persone e in quel momento nascono le idee. Cosi faremo durante il laboratorio».
«Come sempre – chiarisce Sframeli – sarà un laboratorio fisico, perché attraverso la fisicità trovi il modo di dire, di raccontarti con un altro attore. Quindi partiremo dalla fisicità degli attori: dal niente per costruire tutto e così scopriremo insieme come fare».

Dopo tanto silenzio, come sarà tornare a incontrare i corpi?
«Sarà molto interessante, in questo momento di chiusura totale, anche nei rapporti con gli altri, diventa necessario per noi rivederci, riscoprire parti di te che avevi lasciato, riparlare con la tua anima. Per me sarà un lavoro delizioso, garbato e profondo – dice Sframeli – Ci hanno chiesto un titolo per il nostro incontro e noi abbiamo proposto “il teatro è ventre di madre” perché adesso è il tempo che il teatro partorisca dei bambini belli, sani e gioiosi e attenti alla natura del mondo».
«Il teatro – aggiunge Scimone – ora più che mai diventa momento necessario, perché aiuta a ricreare i veri rapporti umani, soddisfa quel bisogno di stare vicino all’altro, dal vivo, di avere i corpi presenti».

Presenterete anche “Il Cortile”, tornando in scena dopo molti mesi, come sarà?
«Gli spettacoli sono sempre diversi – dice Sframeli – Adesso andare in scena è come una rinascita anche per questo abbiamo scelto “Il Cortile” che parla di emarginati, di sradicati ma che hanno ancora tanta voglia di vivere. Un testo di grande verità e allo stesso tempo completamente surreale».
«Se ci pensi – fa notare Scimone – la prima battuta del Cortile è “quanto tempo è passato? Mesi, anni…”».

Cosa vi è mancato di più in questo periodo di lontananza dal teatro? E che progetti avete?
«Ci è mancata proprio la casa teatro, il palcoscenico, questo ventre di madre che accoglie e genera e poi il pubblico e il rapporto con gli attori. Non abbiamo voluto fare spettacoli in streaming perché mancava il sudore, il tocco, c’è uno schermo che secondo noi non racconta niente. La pandemia nel teatro però, non è iniziata con il lockdown ma già da prima c’erano dei problemi. Ci auguriamo che questa pandemia, per chi fa teatro, chi lo frequenta, dia la voglia di capire, di apprezzarlo, perché il teatro ti rende libero, ti riempie l’anima. Ci auguriamo che dopo la pandemia si senta questo bisogno. E poi il teatro deve ripartire dai giovani, puntare su di loro, e dai piccoli spazi, soprattutto nelle periferie. Adesso – concludono – stiamo cercando di organizzare la prossima stagione e non sarà semplice, perché non c’è ancora molta chiarezza su come saranno le programmazioni nei teatri. Noi abbiamo tutti i nostri spettacoli in repertorio e contemporaneamente stiamo cominciando a pensare e a lavorare al nuovo testo, ma se ne parlerà per la prossima stagione».

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