Dopo la richiesta della condanna all’ergastolo formulata ieri dal Pm Andrea Petroni, oggi in Corte d’Assise a Venezia è la volta dell’arringa a difesa per Filippo Turetta, l’omicida reo confesso di Giulia Cecchettin. Il 23enne di Torreglia è presente anche oggi nell’aula di giustizia. Non c'è invece il papà di Giulia, Gino Cecchettin.
"Non c'è stata premeditazione. Non giudicate con la legge del taglione"
«Quello di Filippo Turetta non è un caso di scuola di premeditazione come detto dal pm. Non c'è stata premeditazione dal punto di vista 'ideologico'». Lo sostiene il suo legale, affermando tra l’altro, che «se c'è una personificazione dell’insicurezza, dell’indecisione e della mancanza di personalità quello è Turetta».
All’inizio della sua arringa, l’avvocato ha spiegato che «il principio con cui mi accingo a svolgere il mio compito è quello della legalità». «Voi non dovete emettere una sentenza giusta ma secondo la legalità - ha detto rivolto alla Corte d’Assise - La civiltà del diritto vi impone di giudicare Turetta con una mano legata dietro alla schiena che non corrisponde alla legge del taglione. Questa è la civiltà del diritto alla quale contribuirete ancorché avreste da applicare la pena massima prevista dall’ordinamento».
"Ha agito in preda all'emotività. Filippo non teme l'ergastolo, il carcere è l'unico ambiente ospitale per lui"
«Filippo Turetta ha agito in preda all’emotività, nell’alterazione di una situazione emotiva in cui ha agito con concitazione. E’ un omicidio efferato ma non ha agito con crudeltà», affermato l’avvocato confutando la tesi del pm sull'aggravante della crudeltà.
«Veramente credete che Turetta si prefigga di farla franca ed evitare l’ergastolo?». Lo chiede l’avvocato Giovanni Caruso ai giudici veneziani durante la sua arringa, collegandosi alle affermazioni del pm Andrea Petroni che ieri aveva sostenuto di sentirsi «preso in giro» da Filippo Turetta. «Dico una cosa molto triste. Sapete qual è l’unico ambiente ospitale per lui in cui può essere considerato un essere umano? E’ il carcere, sono i compagni di cella forse perchè vivono di un’umanità compromessa, di un’incrinatura più o meno irreparabile della loro condizione esistenziale. La società oggi non è pronta per ospitare Turetta ed è giusto che sia così perchè la pena significa tempo, tanto tempo. Sa che gran parte della sua giovinezza la trascorrerà con questa umanità compromessa».
«Non teme l’ergastolo, è dispiaciuto per essere stato descritto come una persona che mente», aveva detto prima di iniziare la propria arringa. «Difficile difendere un reo confesso per un delitto efferato, che ha fatto seguire altri reati - ha proseguito. Un giovane che priva la vita di una giovane ragazza, privandola di ricordi, speranze, progetti, si privano i congiunti di lei delle prospettive di una vita radiosa». Per Caruso, però, non si tratta di un 'crucifige' di Turetta: «bisogna cercare di capire cosa può aver provato Filippo mentre uccideva Giulia». «Mi appello - ha detto il legale, rivolto alla Corte - al principio di legalità, non ad una sentenza giusta, ma di legalità, che vi impone di giudicare Turetta con un 'braccio legato dietro alla schiena'; il principio di legalità è la magna carta della giustizia, che protegge anche voi della Corte oltre a Turetta».
La difesa di Turetta è affidata agli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera. La prossima udienza, come da programma stilato dal collegio giudicante, sarà quella della sentenza, il 3 dicembre.
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