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«A te e famiglia» del messinese Campolo al Fringe Mi festival: un gioiello per riflettere

Il teatro di narrazione è diventato una delle cifre stilistiche di Angelo Campolo, autore (insieme con Giulia Drogo, scenografa e moglie), interprete e regista di “A te e famiglia”, che ha debuttato in prima nazionale a Milano, in un luogo riscoperto, l’anfiteatro di via Russo. Ha inaugurato il “Fringe MI Festival” (sottotitolo “il teatro dove non c’è”), di cui è stato vincitore nel 2019 con “Stay Hungry”.

Prodotto come quello dal gruppo messinese Daf Project, il nuovo lavoro si occupa di minorenni autori di reati, non carcerati ma affidati ai servizi sociali. Due esperienze, la prima a Messina e la seconda a Catania, nell’ambito del programma educativo promosso dal giudice Roberto Di Bella, reso famosa da un libro e una fiction con Alessandro Preziosi. Di Bella e Campolo, entrambi messinesi, hanno instaurato un rapporto “teatrale”, il cui frutto non è stato solo una collaborazione con lo Stabile di Catania, ma anche una felice esperienza per ragazzi cui non era stata ancora data la possibilità di un più ampio orizzonte sulla vita.

Grazie alle vicende di Antonino nella parte dedicata a Messina e dell’assistente Teresa in quella etnea, Campolo fa una narrazione efficace tra fatti ed emozioni, tra sincera partecipazione e ironia. Mantiene sempre un ritmo intenso e riesce soprattutto a farci capire come la nostra conoscenza di queste esistenze (molto meno marginali di quanto crediamo) sia legata a stereotipi oppure a statistiche prive di valore se, dietro ai numeri, non cogliamo la singolarità d’ogni vita umana.

È soprattutto il rapporto madre-figlio (l’attore comincia il suo racconto dall’episodio – forse inventato forse no – in cui, undicenne, andò dalla polizia a denunciare la mamma) viene fuori prepotente in declinazioni molto diverse da quelle più ovvie. Scoprire che una mamma, così apparentemente interessata ai progressi del figlio, lo aspetta solo per mandarlo in strada a spacciare droga ci fa male e ci fa pensare, per una volta senza scappare da noi stessi.

Capire che una ragazza diventa madre due volte prima dei vent’anni solo per essere tenuta legata alla “famiglia” e alle sue “imprese” ci spiega meglio di mille argomenti perché il progetto Di Bella è essenziale e irrinunciabile. Constatare che l’assistente sociale, capace di essere vicina in ogni senso ai ragazzi di cui si prende cura, corre il rischio di trascurare il proprio figlio, ci fa capire quanto siano difficile certi “mestieri”.

Campolo mantiene un ritmo intenso e incalzante, sa far sorridere e far commuovere, aiutato anche dalle musiche della cantautrice Giorgia Pietribiasi e dai suoni elettronici di Giulio Tisato. Gli applausi finali sono convinti e prolungati.

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