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A Venezia 11 minuti d'applausi per Monica, la trans di Pallaoro

Leone d’oro alla Carriera a Paul Schrader (storico sceneggiatore di Taxi Driver): «Me lo merito»

Undici minuti di applausi e tanta emozione in sala per la prima di Monica di Andrea Pallaoro, secondo dei cinque registi italiani in concorso a Venezia 79. Commossa la protagonista Trace Lysette, per la prima volta nel ruolo principale di un film, quasi un traguardo per l’attrice transessuale che vorrebbe in futuro, ha detto, essere considerata «senza etichette, categorie e cercata nei cast al pari di altre donne, ho lavorato tanto, so di meritarmelo, penso sia arrivato il momento di uscire dai pregiudizi».

Monica è il racconto di un tempo da recuperare, quello lontano dalla famiglia, e di un ricongiungimento da fare dopo tanti traumi: Monica dalla California ritorna dopo tanto tempo a casa nell’Ohio, al capezzale della madre morente che l’aveva rifiutata, e nell’abbraccio c’è la liberazione e il perdono. «Racconto un’eroina moderna, un personaggio pieno di coraggio e generosità che riesce a perdonare di essere stata abbandonata.

Se Monica è un ritratto intimo, Argentina, 1985, il film di Santiago Mitre che ha avuto una strepitosa accoglienza al Lido, è un epico tributo al Pm Julio Strassera e al suo gruppo di giovanissimi inesperti avvocati che riuscirono a far dare l’ergastolo a Videla e agli altri colonnelli della dittatura argentina nel processo a Buenos Aires del 1985 che di fatto inaugurò la democrazia in Argentina. Ricardo Marin, che interpreta Strassera, è da applausi, una ipotetica Coppa Volpi (come del resto la Lysette di Monica) e il film, tra commozione e persino risate, lascia il segno di un cinema civile «necessario», incalzante come Spotlight, doveroso per la memoria delle 30mila vittime delle torture, come i fazzoletti bianchi delle madri di Plaza de Mayo portati dagli attori sul red carpet.

«Non c’è famiglia in Argentina - ha detto il protagonista Darin - che non abbia vissuto qualche sparizione, qualche episodio terribile, dolori, tutti i santi giorni succedeva qualcosa, era il terrorismo di Stato e tutti sapevano, per quanto nessuno, almeno fino al processo del 1985 e alle prove schiaccianti che vennero fuori, pensava che potesse essere stato davvero così feroce». Alejandra Flechner, che nel film è la moglie del pm, quasi si commuove: «Ho vissuto la dittatura, è come un tatuaggio sul mio corpo, puoi non pensarci ma è dentro di te».

Cerimonia di consegna per il Leone d’oro alla Carriera a Paul Schrader, lo sceneggiatore di Taxi Driver, il regista di American Gigolò, Il collezionista di carte e del nuovo bel thriller Master Gardener con Joel Edgerton fuori concorso. «Il Leone d’oro me lo sono meritato - ha detto ironico il cineasta che lo riceve da Sigourney Weaver, coprotagonista del film - anche solo per il fatto che, oltre a scrivere e dirigere i film, li ho spesso anche prodotti, un modo, quest’ultimo, per realizzare questi piccoli miracoli che sono appunto i film». Il regista, classe 1947, si dice ossessionato dal personaggio di Travis Bickle, interpretato da De Niro in Taxi Driver, che torna in vita nei panni di Narvel Roth (Edgerton) in Master Gardener, in sala con Movies Inspired.

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