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Venezia, Leone d'oro alla carriera a Liliana Cavani. E' la prima volta per una donna in 80 anni di Mostra del Cinema

C’è voluto il compleanno, i primi 80 anni della Mostra d’arte cinematografica, il festival di cinema più antico del mondo, per assegnare il primo Leone d’oro alla carriera ad una regista. Liliana Cavani, 90 anni di lucida intelligenza, ritira il premio dalla “sua” Charlotte Rampling, ringrazia la Biennale, i professionisti che l’hanno accompagnata nella carriera grata ma fredda. La platea della sala grande del Palazzo del Cinema, con la folla delle grandi occasioni per la cerimonia di apertura con «Comandante» di Edoardo De Angelis – c’erano tra gli altri Luca Guadagnino che avrebbe dovuto aprire con «Challengers» con Zendaya – è in piedi a battere le mani.

Lei sembra salutare ma poi con una voce finalmente un po’ emozionata, ci ripensa e prosegue: «Vorrei dire un’altra cosa. Sono la prima persona donna a ricevere questo premio e non è del tutto giusto – dice scatenando altri applausi – ci sono donne sceneggiatrici e registe che stanno lavorando, che lavorano bene al pari degli uomini, se guardiamo bene, se diamo loro la possibilità di essere viste, ecco credo che il festival dovrebbe considerare anche che le donne. La mostra ha già tanti anni, è necessario senz’altro equilibrio in questo senso, mi auguro che il mio sia un inizio e che abbia un senso».

Rampling, 77 anni, magra, con un abito scultura nero, capelli corti e sguardo sempre inquieto, ha ricordato nella laudatio il legame con Cavani, maestra nel raccontare «gli angoli oscuri dell’anima, sul bello e sull’irrisolto, nel puntare la cinepresa sulla bestia con molti nomi, la regista che nel nostro Portiere di notte non ha dato risposte ma ha mostrato nel senso più radicale cosa è mostruoso».

Una clip con emozionanti fotogrammi anno per anno della mostra ha ricordato cosa c’era da festeggiare, le 80 edizioni di Venezia in 90 anni di storia, interrotta per la guerra ma non per il Covid come ha ricordato la madrina Caterina Murino, attrice Bond girl in Casino Royale. In sala le autorità a cominciare dal vicepremier Matteo Salvini (red carpet con la fidanzata Francesca Verdini), il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il presidente veneto Luca Zaia, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e tanti altri. E poi le giurie al completo con Damien Chazelle (La La Land) per quella che assegnerà il Leone d’oro. Sale sul palco, cita l’amato Federico Fellini e in italiano dice «W il cinema». La calda e particolarissima voce di Malika Ayane ha regalato al pubblico un momento di vera magia, un omaggio a uno dei brani più iconici della musica italiana, «Il cielo in una stanza» di Gino Paoli.

Liliana Cavani: più storia a scuola è l'antidoto al fascismo

Una grande torta al ministero della Cultura a gennaio, un Leone d’oro alla carriera a Venezia: per Liliana Cavani, 90 anni, è tempo di celebrazioni. «Forse si sono accorti che esistevo, in certi settori le donne evidentemente è come se non ci fossero. Un segnale di attenzione? Beh speriamo», dice all’Ansa la regista di Carpi che vinse il concorso alla Rai, ma al posto della carriera di dirigente chiese di poter fare i documentari, opere ancora oggi nella memoria storica e patrimonio della tv pubblica.

Dalla realizzazione dei documentari di inizio anni ‘60, Storia del Terzo Reich e La donna della resistenza, Cavani trasse ispirazione e materia per «Il portiere di notte», tra i suoi film più famosi, con protagonista quella Charlotte Rampling che ieri sera le ha consegnato il Leone d’oro. «Tutto quel materiale filmato sulla guerra, mesi e mesi in sala montaggio mi segnarono, furono qualcosa di indimenticabile. E quando sento parlare di ritorno al fascismo penso che la madre degli imbecilli non muore mai, mi stupisco sempre, penso sia dovuto all’ignoranza sui fatti, la storia a scuola va studiata di più e meglio, volendo capire come è andata, ancora ci sono persone che negano, il famoso negazionismo, è una cosa da non crederci, è più facile credere ad un asino che vola, io lo prenderei e lo legherei ad una sedia con gli occhi aperti, facendogli vedere tutti i filmati autentici. La scuola non si è adeguata alla ferocia dei tempi, se non guardiamo alle cose come sono andate facciamo fatica a credere al progresso, e infatti ci sono ancora guerre e gli arsenali sono pieni di bombe atomiche nonostante il disastro di Hiroshima e Nagasaki».

Schiva, anche ruvida, Cavani difficilmente lascia trasparire le emozioni e alla domanda sul Leone quasi arretra: «Il premio è già nel fare questo lavoro, mi piace, da sempre». Va al cinema da quando aveva 4 anni grazie ad una madre appassionata, racconta dei film di Bergman visti a Carpi, di «L’oro di Napoli di Vittorio De Sica che se mi chiedessero di salvare un solo film io salverei quel capolavoro eterno». Ha citato anche Dante («mi fido di lui, ha parlato bene di Francesco, uomo di pace, pace che è l’unico senso della vita») e ha portato fuori concorso il suo ultimo film «L’ordine del tempo» dal saggio del fisico Carlo Rovelli.
Un amore che continua a dimostrare ancora portando a Venezia fuori concorso «L’ordine del tempo» (una produzione Indiana, Vision, Gapbuster con Rai Cinema, in sala con Vision Distribution dal 31 agosto), scritto con Paolo Costella, che rende storia corale un omonimo saggio filosofico del fisico Carlo Rovelli cui è liberamente ispirato.
«Sono la prima persona donna a ricevere questo premio. Trovo che non sia del tutto giusto. Ci sono donne, sceneggiatrici, registe che lavorano bene al pari degli uomini e dobbiamo dargli la possibilità di essere viste. Il festival dovrebbe considerare anche che le donne possono fare bei film. Io sono la prima donna a ricevere il leone alla carriera. Serve equilibrio in questo senso e mi auguro che questo inizio abbia un seguito». Lo ha detto ritirando da Roberto Cicutto, presidente della Biennale cinema, e da Charlotte Rampling il Leone d’oro alla carriera. «L'annuncio del premio mi ha colto di sorpresa, pensavo di essere una sarta che ha solo un gruppo di clienti affezionati», ha detto la regista.

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