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A Cannes l'urlo di libertà di Rasoulof e la miglior regia di Minervini nella sezione "Un Certain Regard". Stasera la cerimonia di chiusura

A Cannes, che si conclude oggi, il regista iraniano in fuga dal regime Rasoulof, un urlo di libertà Grandi applausi per «Il seme del fico sacro», girato clandestinamente. E lui sventola le foto dei suoi attori, trattenuti in patria. Ma dice: «Ci tornerò»

Donna Vita Libertà, lo slogan simbolo della lotta in Iran contro l’oppressione del regime, è risuonato più volte ieri al festival di Cannes. Alla vigilia della cerimonia di chiusura di stasera con la premiazione, e in attesa di conoscere il Palmares, è stata assegnata perlomeno una Palma d’oro morale, sottolineata anche dai 15 minuti di applausi tributati alla première. A vincerla il film «Il seme del fico sacro» del regista Mohammad Rasoulof, da anni nel mirino degli ayatollah, condannato a 8 anni a Teheran per collusione contro la sicurezza nazionale, fuggito dal suo Paese verso l’Europa solo pochi giorni fa.

La sua stessa presenza è un evento che marca il festival di Cannes 2024, oltre al bel film girato clandestinamente che racconta il dramma familiare di un persecutore che si ritrova la ribellione in casa, delle figlie studentesse e della moglie mentre la morte di Mahsa Amini scatena le proteste dei giovani in piazza e la reazione feroce della polizia morale come i filmati social hanno tristemente reso noto al mondo.

«Spero con tutto il mio cuore che l’apparato oppressivo del regime finisca» si è augurato Rasoulof che ha trasformato la scena di Cannes in un atto contro l’Iran, un palcoscenico per il movimento delle donne, un inno alla libertà, quella che ha impedito ad esempio ai suoi attori protagonisti di lasciare il paese (sulla Montée ha sventolato le foto di Missagh Zareh e Soheila Golestani) e a lui di vivere la condizione dell’esilio promettendo a se stesso di tornare prima o poi. «Quando stavo attraversando il confine, mi sono girato, ho dato un’ultima occhiata alla mia terra natale e ho pensato: ci tornerò. Penso che tutti gli iraniani che sono dovuti partire a causa del regime totalitario tengano una valigia pronta a casa, nella speranza che le cose migliorino».

Se nell’ultimo giorno del festival «Il seme del fico sacro» è il film di giornata, a chiudere il concorso è la favola animata poetica e commovente «La merce più preziosa» (La plus précieuse des marchandises). Lo ha diretto, suo primo film d’animazione, il regista premio Oscar per «The Artist», Michel Hazanavicius, ed è un ritorno raro in competizione per il linguaggio dell’animazione a ben 15 anni dal pluripremiato «Valzer con Bashir» dell’israeliano Ari Folman. Evoca la Shoah e mette al centro l’amore per i figli, La merce più preziosa, con la voce narrante di Jean Louis Trintignant scomparso nel 2022, è l'adattamento dell’omonima opera dello scrittore Jean-Claude Grumberg, spesso autore per bambini, che visse il trauma di Auschwitz dove morirono il padre e il nonno.

Oggi riceverà la Palma d’oro onoraria, ieri ha tenuto una lezione affollatissima la leggenda del cinema americano George Lucas. 80 anni un marchio di fabbrica con le saghe di Star Wars e Indiana Jones, ma anche con «American Graffiti», il suo preferito, con Lucas il pubblico ha fatto un viaggio in altri mondi ma sono stati gli aneddoti sui sui compagni di avventura a divertire. «Eravamo io, Francis Ford Coppola, Paul Schrader, Steven Spielberg... con le nostre idee, soprattutto una: noi non volevamo fare soldi ma fare cinema. È stata un’epoca magnifica, c’era un ricambio tra i vecchi studi che avevano fondato Hollywood e noi pronti a rischiare, il fenomeno Easy Rider ci ha tirato la volata», ha detto quello che è stato uno dei protagonisti della cosiddetta New Hollywood, la grande onda di rinnovamento del cinema americano con cineasti perfettamente immersi nel contesto politico sociale della fine degli anni 60 e di tutti i 70.«La mia dote? Ai giovani e agli studenti di cinema dico sempre: la perseveranza. Io sono stato un ragazzo testardo», parola di Lucas.

Sezione "Un Certain Regard": Minervini vince per la migliore regia con «I dannati»

«I dannati», primo lungometraggio di finzione di Roberto Minervini, vince il premio per la migliore regia nella sezione Un Certain Regard, di fatto il secondo concorso del festival. Noto per la sua straordinaria qualità come documentarista, questa volta Minervini costruisce un’intensa riflessione sulla violenza all’interno di una storia della Guerra di Secessione americana. Il film è coprodotto da Rai cinema e attualmente nelle sale grazie a Lucky Red.

Con il premio per la migliore regia (sia pur ex aequo con l’elegante ma furbetto «On becoming a Guinea Fowl» di Rungano Nyoni) Roberto Minervini incassa un più che meritato riconoscimento e porta un po’ d’Italia sul podio della Croisette. La giuria del secondo concorso del festival ha inoltre assegnato il primo premio al notevole «Black Dog» del cinese Guan Hu; il premio della giuria e quello per l’interpretazione a «The Story of Suleymane» di Boris Lojkine che ha realizzato il suo film-verità su un rider parigino. L’altra metà del premio per l’interpretazione è andato all’indiana Anasuya Sengupta per l’intensa storia d’amore al femminile «The Shameless». Infine una menzione speciale a «Norajh» di Tawfik Alzaidi e, per accontentare i francesi, un Prix Jeunesse a «Vingt Dieux» di Louise Courvoisier. Le scelte della giuria presieduta dal regista canadese Xavier Dolan sono state applaudite a lungo e in definitiva fotografano bene i valori di questa selezione dedicata alle scoperte.

«Il premio a Roberto Minervini nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes conferma il talento di un autore che ha mostrato negli anni un’idea di cinema ben definita – commenta Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema – e arricchisce il percorso di un regista ormai riconosciuto a livello internazionale. Se nel 2015, sempre qui a Cannes, Roberto Minervini aveva raccontato la terra dimenticata della Louisiana, ora con I dannati volge lo sguardo verso un manipolo di soldati invisibili e lontanissimi dal mondo. Disperazione e paure personali si rispecchiano in quelle di una comunità universale di uomini, bersagliata da un conflitto che guarda alla nostra contemporaneità. E se il film ha catturato i favori della Giuria è anche perché c'è ancora bisogno di dar voce a chi non ne ha e a chi rischia di morire ogni giorno. Rai Cinema è da sempre al fianco degli autori, li sostiene con fiducia, investe sul loro talento e spesso, come nel caso di Minervini, è al loro fianco fin da quando muovono i primi passi. Partecipa con passione a quei progetti e storie che comportano sfide e viaggi avventurosi e questo film lo è stato fin da subito. Quando il produttore Paolo Benzi di Okta Film ci ha presentato il progetto abbiamo avuto la convinzione che ci avrebbe portato lontani; a lui e a Roberto Minervini vanno le nostre congratulazioni e con loro condividiamo questo successo».

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