Il doppiaggio, eccellenza tutta italiana, non è solo tecnica e strategia, ma feeling emozionale tra l’attore e il professionista al leggio, entrambi partecipi ad un linguaggio analogico che sottolinea significati e dà senso alle parole. Questa la premessa dell’undicesima edizione di «Suggestioni dal set», evento sullo spettacolo e i suoi protagonisti, ideato e condotto dal giornalista messinese Marco Bonardelli, collaboratore della Gazzetta, che si è svolto alla Festa del Cinema di Roma, nello Spazio Lazio Terra di Cinema dell’Auditorium Parco della Musica.
Introdotto da Bonardelli sul filo del ricordo di Michele Kalamera (voce di Clint Eastwood) e Dario Penne (Anthony Hopkins), scomparsi lo scorso anno, l’incontro ha rappresentato un confronto a più voci con grandi doppiatori di ieri e di oggi, da cui sono emersi aspetti inediti di un mestiere spesso dietro le quinte, ma fondamentale per la fruizione del prodotto audiovisivo.
«La dialettica doppiatore-personaggio tra linguaggio digitale ed analogico. Il doppiaggio come connessione emozionale» il titolo dell’evento, per ribadire in tempi non facili per il settore – toccato dalla minaccia dell’Intelligenza Artificiale – l’importanza del talento umano nella buona riuscita di un film, perché, come ha sottolineato Bonardelli, «la connessione emozionale tra doppiatore e attore non muta col mutare della tecnologia».
Illuminanti i vari interventi degli ospiti, a cominciare da Carlo Valli che, sulle immagini de «L’attimo fuggente», ha ricordato le peculiarità di Robin Williams: «Straordinaria capacità di abbracciare registri diversi in una sola scena, anche nello stesso anello; ironico e profondo allo stesso tempo, come lo era nella vita».
Il catanese Mario Cordova, doppiatore di Richard Gere, ne ha esaltato la sensibilità, il profondo rispetto per gli altri e l’impegno nelle cause umanitarie. Rivedendolo in «Sommersby» lo ha definito un uomo profondamente sexy, qualunque cosa faccia: «Quando parla, si muove o cammina è signorile e disinvolto; e poi quel suo modo di sbattere gli occhi o voltarsi di scatto è tipico».
Mino Caprio, doppiatore di Martin Short, sulle immagini de «Il padre della sposa» ha ribadito la difficoltà nel riprodurne attraverso la voce l’espressività: «È frenetico, senza pause e ciò rende faticoso seguirlo in questi salti repentini. Ultimamente, nella serie “Only Murders in The Building”, ha aggiunto dei grugniti al suo eloquio, e seguirlo è diventato molto arduo».
Renato Cortesi, voce di Gérard Depardieu, su alcuni frame de L’ultimo metrò» ha rievocato il suo incontro col grande attore al Festival di Cannes, sottolineandone l’imponente fisicità per esprimere l’idea che il doppiaggio si fa anche entrando nel corpo e nei sentimenti di chi sta sullo schermo.
L’attore cosentino Pasquale Anselmo, che ha da poco concluso il centocinquesimo doppiaggio di Nicolas Cage, rivedendo le immagini de «Il mandolino del capitano Corelli» ha sottolineato la recitazione “di testa” dell’attore statunitense, enfatizzata nell’ultimo film, l’horror «Longlegs», in uscita ad Halloween.
Per Benedetta Degli Innocenti, voce di Lady Gaga anche nel recente «Joker: Folie à deux», in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, l’attrice e popstar è una sorta di alter ego: «È una donna dalla forte personalità e in quest’ultimo film ho visto un suo lato inedito, nei panni di un personaggio fortemente negativo. È lei la vera antagonista della storia. Credo possa dare persino tanto di più».
Chiara Fabiano, voce di Jenna Ortega in “«Beetlejuice Beetlejuice» di Tim Burton, ha ribadito che compito del doppiatore è anzitutto quello di riprodurre al meglio tutto ciò che fa l’attore: «Spero sempre di renderle giustizia e mi impegno a seguirla nelle minime sfaccettature: gli occhi, i movimenti del viso, anche quelli impercettibili».
Caricamento commenti
Commenta la notizia