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Siria: Israele e Iran sono ormai in rotta di collisione

Siria, i curdi hanno conquistato il centro di Raqqa

Si scrive Siria, ma si legge Iran. A Gerusalemme l’hanno capito da un pezzo e si attrezzano di conseguenza. Per questo Israele ha avviato una gigantesca esercitazione militare, come non si vedeva da vent’anni, sul Golan e in Galilea. Secondo quanto si è saputo, nell’imponente operazione sono impiegate decine di migliaia di uomini: aerei, reparti blindati, riservisti, commandos e unità di intelligence, che simulano un’invasione in profondita del sud del Libano, lungo il fiume Awali. In mezzo a tutto questo polverone emergono episodi di “guerra non dichiarata”. Prima il misterioso raid di Masyaf, dove un compound sospetto, probabilmente indirizzato alla produzione di armi chimiche, è stato semidistrutto da caccia-bombardieri israeliani.

Ora i “rumors” (di fonte libanese), su una risposta immediata di. Damasco, concretizzatasi nel lancio di alcuni missili terra-aria S-200 (di fabbricazione russa) contro caccia israeliani in volo su Sidone . Nessuno si è fatto male, ma la tensione ormai si taglia col coltello. L’episodio, se confermato (gli israeliani tacciono) rappresenterebbe una preoccupante escalation, specie se visto come una “risposta” all’attacco contro il Centro studi e ricerche di Masyaf. E fa il paio con la moltiplicazione delle unità di Guardie rivoluzionarie iraniane e di Hezbollah in movimento nel sud della Siria.

Il problema è che a Gerusalemme considerano questi soldati “cani sciolti”, perché operano fuori dai limiti territoriali delle “aree de de-escalation” controllate dai russi. Chiaro l’obiettivo di sigillare le zone lungo la frontiera giordana fino al Golan. In questa strategia sono coinvolti anche i governativi di Damasco, il cui Quinto Corpo ha preso posizione “a cerniera” nella zona. Amman e Gerusalemme osservano. Sono convinte che il riposizionamento delle forze siriane, degli ayatollah e del Partito di Dio (con la benedizione dei russi) sia una dimostrazione muscolare in risposta alle manovre in Galilea.

E, prefigurando scenari di crisi a catena nell’immediato futuro, Netanyahu, a Buenos Aires, ha detto che l’Iran è la nazione “che ormai capeggia e indirizza il terrorismo mondiale”, utilizzando la sua longa manus operativa: Hezbollah. Ma Israele, ha aggiunto, non permetterà che tale minaccia si installi ai suoi confini. Il leader dello Stato ebraico ha anche parlato degli attentati allo Jewish Community Center (1982) e di quello all’Ambasciata di Gerusalemme in Argentina (1994), che fecero in totale 114 vittime. Entrambi attribuiti a elementi di Hezbollah che avrebbero agito sotto la regia di Teheran. Netanyahu scava lontano, quasi a cercare un casus belli. E il presidente albiceleste Mauricio lo aiuta, annunciando che saranno riaperte le indagini. Non solo, ma gli affida anche un catafascio di documenti sull’emigrazione di ufficiali nazisti all’epoca di Peron. Se questo è il clima che si va prefigurando in Medio Oriente, allora stiamo freschi, perché un altro problema non di poco conto che sembra stia emergendo nella regione è quello che tutti hanno venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso.

Insomma, chi pensa che la pratica dell’Isis sia stata liquidata è fuori strada. La guerra continua sotto altre forme, non meno sanguinarie. In pochi giorni, i miliziani del Califfo, direttamente o per “procura” hanno ammazzato un sacco di gente. Nel Sinai, a El Arish, un convoglio. dell’esercito egiziano è stato l’obiettivo di un attacco-bomba, che ha fatto 18 morti tra cui due ufficiali. Un brigadier generale ha perso una gamba e i jihadisti hanno persino mitragliato le ambulanze che trasportavano i feriti.

A Humaymah (Siria del nord) i “califfi” hanno ucciso 40 governativi, ferendone diverse decine, mentre a Raqqa la partita non sembra ancora definitivamente chiusa. Oltre duemila jihadisti resistono strenuamente nei quartieri ovest, rifiutandosi di abbassare le armi.  

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